Laudate Deum

Nel Salmo 80 la gioia per la liberazione è espressa anche con un’espressione che dice: “Un linguaggio mai inteso io sento”. Lo stupore è dato da un linguaggio dei fatti che Dio adotta per parlare al suo popolo. Ebbene dopo la prima lettura dell’Esortazione apostolica Laudate Deum si resta stupiti per il linguaggio insolito con cui un Pontefice propone al mondo la sua riflessione sui cambiamenti climatici. Il documento parla la lingua della gente affrontando il tema con dati e valutazioni scientifiche, statistiche e considerazioni che non sembrano partire esplicitamente dalle Sacre scritture. Anzi, il punto di partenza è costituito piuttosto dai dati forniti dall’Ipcc – Intergovernamental panel on climate change, che impegna un terzo dell’intera Esortazione. “Un linguaggio mai inteso” è quello che abbandona definitivamente ogni prudenza diplomatica e mette in guardia sui rischi reali chiamando per nome i responsabili e le vittime.

E se l’enciclica del 2015 veniva pubblicata alla vigilia della COP21 di Parigi e fu costretta a tenere in conto l’analisi, la denuncia e gli auspici della Laudato si’, questo documento bussa alle porte della COP28 di Dubai ben consapevole del rischio di una Conferenza che si tiene proprio nel cuore di uno dei maggiori produttori di petrolio al mondo e che ha tutto l’interesse a frenare la transizione. E il papa lo dice senza peli sulla lingua: “Gli Emirati Arabi Uniti ospiteranno la prossima Conferenza delle Parti (COP28). È un Paese del Golfo Persico che si caratterizza come grande esportatore di energia fossile, anche se ha investito molto nelle energie rinnovabili” (n. 53) ma poi prosegue con speranza: “Se abbiamo fiducia nella capacità dell’essere umano di trascendere i suoi piccoli interessi e di pensare in grande, non possiamo rinunciare a sognare che la COP28 porti a una decisa accelerazione della transizione energetica, con impegni efficaci che possano essere monitorati in modo permanente. Questa Conferenza può essere un punto di svolta, comprovando che tutto quanto si è fatto dal 1992 era serio e opportuno, altrimenti sarà una grande delusione e metterà a rischio quanto di buono si è potuto fin qui raggiungere” (n. 54). Dunque questa è la posta in palio, molto concreta e peraltro ravvicinata, perché il tema è “scottante” – che parlando di riscaldamento globale è aggettivo quanto mai coerente! – ovvero urgente e vitale.

Ma la Laudate Deum si spinge anche oltre le bacchettate motivate sulle mani dei negazionisti per chiedere circostanziatamente una vera e propria conversione ecologica: arriva a delineare una nuova visione del mondo che supera quella riconosciuta nell’Onu. Francesco parla di un nuovo multilateralismo e di una complessità nuova che richiedono un nuovo quadro internazionale in grado di rispondere alle nuove sfide sociali, sanitarie, ambientali, culturali… e in tutto questo non si può più negare il contributo di nuovi soggetti emergenti. Urge una democratizzazione che si serva di strumenti nuovi al servizio del dialogo e delle decisioni vitali da adottare. Anche questo ci lascia dire che la parresia della Laudate Deum inaugura un tempo, un metodo, un linguaggio che parla al mondo scuotendo e incalzando per il bene del creato. “Mettiamo fine all’idea di un essere umano autonomo, onnipotente e illimitato, – si legge nell’Esortazione – e ripensiamo noi stessi per comprenderci in una maniera più umile e più ricca”.