Il colpo di mano del Global stocktake

Cosa mai significherà «Global stocktake»? Senza alcuna apertura di credito verso un summit mondiale che nasceva per porre riparo ai cambiamenti climatici e si svolgeva nella «tana del lupo», ovvero nel luogo governato da uno dei principali responsabili dei disastri stessi, ci aspettavamo tutti un miracolo. Del Profeta o di San Gennaro poco importa, ma un miracolo. Ovvero un’inversione di tendenza radicale, una svolta per tutta l’umanità.

Invece, com’era facile prevedere, la conclusione è avvenuta con un vero e proprio colpo di mano. Il presidente dell’Assemblea si è presentato con un testo che doveva ottenere il consenso dei 197 rappresentanti dei rispettivi governi più l’Unione europea e, in assenza di emendamenti da presentare in un tempo troppo ristretto, ha battuto il martello per segnarne l’approvazione. Immediatamente è partita una standing ovation di tre minuti che forse era più liberatoria che convinta. Applausi e urla da stadio che non si erano mai verificati nell’aplomb del Summit. Il risultato non è l’equivalente di una partita di calcio dove c’è chi vince e c’è chi perde dal momento che è in gioco la sorte del pianeta. Una cosa è certa: subito dopo l’approvazione si è alzata la rappresentante di Samoa e ha obiettato con un durissimo discorso sulla procedura: «Signor presidente, ha fatto come se noi non fossimo nella stanza», e ha dichiarato lo sconcerto per la modalità con cui la plenaria finale è stata condotta pur di raggiungere il risultato.

Ma la Madre Terra sarà contenta di quel cruciale articolo 28 solo perché per la prima volta – è questa la grande conquista – vengono citati i «fossil fuels» (combustili fossili)? La verità è che, rispetto all’eliminazione o alla «riduzione di produzione e consumo» che erano stati proposti, si è scelto di inserire la formula magica e ambigua di «transizione». Il testo parla di «transizione in uscita (transitioning away) dalle fonti fossili nei sistemi energetici, in un modo ordinato ed equo, accelerando l’azione in questo decennio critico, per raggiungere le emissioni zero nel 2050 seguendo la scienza». Sarà sufficiente? È certo che si è affermata la necessità di triplicare le rinnovabili e duplicare l’efficienza energetica entro il 2030. Il paragrafo 30 riconosce che il costo delle tecnologie a basse emissioni è calato sensibilmente negli anni grazie a innovazione ed economie di scala, e sottolinea la necessità di continuare con la discesa dei costi e la disponibilità. Nello stesso tempo però fa il suo ingresso trionfale nel documento anche l’energia nucleare che finora non era mai stata menzionata. Qualcuno considera che non si poteva ottenere di più dal momento che a presiedere l’assise era il sultano Ahmed al-Jaber rappresentante di una delle dieci petro-potenze mondiali e amministratore delegato della compagnia petrolifera nazionale Adnoc. Adesso la palla passa nella metà campo dei governi e della società civile. Certamente un buco nella rete del protezionismo dei padroni degli idrocarburi è stato aperto. Ora la sfida consiste nell’individuare cosa si riuscirà a farvi passare e a controllare attentamente che gli impegni vengano mantenuti.