Berio folk songs

“Non sono un etnomusicologo, sono solo un egoista pragmatico”.
(Luciano Berio, Intervista sulla musica, a cura di Rosanna Dalmonte, Laterza, Roma-Bari, 1981, p. 118)

Da Mahler a Weill, da Schubert a Boccherini, “da Monteverdi ai Beatles” (percorso, questo, tanto programmatico da farsi titolo del celebre récital della Berberian), l’“egoista pragmatico” Berio ha disegnato il suo cammino, spesso definito “onnivoro”, di certo caratterizzato da curiosità e aperture assolutamente singolari, specie nel clima delle avanguardie, italiane e non solo. Vero pioniere della “contaminazione” (per usare un termine oggi di moda), Berio ha riletto epoche, autori, generi, sprezzando i limiti temporali e di linguaggio, azzerando le distanze e costruendo il suo mondo sonoro su una rete di relazioni, al tempo stesso affettive e “utilitaristiche”, con universi non più paralleli, ma resi contemporanei al suo, attraverso un implacabile cammino di ricerca e “riutilizzo”, che ha certamente il suo esito più clamoroso in Sinfonia (1968). “La trascrizione – scrive – mi interessa quando travalica qualsiasi definizione. Quando non è un’operazione restauratrice e si pone in posizione dialettica con il passato, anche quello personale (e con tradizioni culturali differenti), non per conservarlo, ma per estrarne delle speranze, quando cerca di realizzare un altro volto della verità”. Accanto e insieme ai riferimenti storico-colti, trovano quindi collocazione e pari dignità anche le citazioni “altre”, che siano dal jazz, dalla canzone o dal repertorio popolare. È quanto avviene nei Folk Songs, nati nel 1964 “soprattutto per rendere omaggio all’arte e all’intelligenza vocale di Cathy Berberian”, impareggiabile complice. “Si tratta, in sostanza, di un’antologia di canti popolari di varia origine – Stati Uniti, Armenia, Provenza, Sicilia, Sardegna etc. – trovati su vecchi dischi, su antologie o raccolti dalla viva voce di amici”. Tra questi, trovano spazio anche La donna ideale e Ballo, due “falsi” composti dallo stesso Berio. Il risultato è un capolavoro al tempo stesso di varietà e coerenza compositiva: molteplici i riferimenti e le suggestioni, ricchissime le soluzioni timbriche e vocali, stringente il percorso complessivo, un unico arco retto da relazioni tonali semplici, in cui si snodano le strutture, per lo più strofiche, dei singoli canti. Coerente, infine, l’approccio estetico: emozionale più che scientifico, ludico più che accademico. La voce si fa dunque trait d’union con la tradizione, replicando, anche letteralmente, i testi tradizionali, in tutta la varietà e la flessibilità che il canto popolare impone. Su un altro piano si muove invece la realizzazione strumentale, fortemente segnata da gesti antitradizionali, per la quale Berio sceglie un organico di sette esecutori (flauto e ottavino, clarinetto, viola, violoncello, due percussionisti, arpa o chitarra), in grado a volte di assecondare, altre di contraddire il testo popolare. “Il discorso strumentale – chiarisce l’autore – ha la funzione di suggerire e commentare quelle che mi sono parse le radici espressive, cioè culturali, di ogni canzone”. Il testo si fa pretesto, viene “reinterpretato ritmicamente, metricamente e armonicamente”, utilizzato e ricreato, secondo quella “filologia immaginaria” che ha rappresentato la cifra più sincera di un compositore sempre “in ascolto”.

© Silvia Paparelli

Per l’ascolto: Selections from Luciano Berio’s “Folk Songs” feat. Cathy Berberian – Rossignolet Du Bois

https://www.youtube.com/watch?v=Vd0PB4hfLcY