L'editoriale
‘Poi dice che uno si butta a destra’
Abbiamo voluto dedicare una parte considerevole di questo numero all’esito e alle conseguenze delle elezioni statunitensi. Per tante ragioni ma soprattutto perché non può essere indifferente per nessuno ciò che avviene in quella che è ancora la più grande potenza economica e militare del mondo e il Paese che, pur nella sua specificità, anticipa le tendenze principali dell’Occidente. Gli articoli di questo numero di Rocca approfondiscono da diversi punti di osservazione l’esito del voto che ha riportato Trump (che è stato abile e ha avuto orecchio!) alla Casa Bianca con un consenso che, almeno nell’ampiezza, non era certamente previsto e che non può non costituire materia abbondante di riflessione per quanti hanno a cuore le sorti della democrazia, dell’etica pubblica, dei diritti sociali e civili. Nel film “Totò e i re di Roma”, il grande attore partenopeo che impersonava una nobiltà decaduta e derisa se ne uscì con la battuta divenuta proverbiale “poi dice che uno si butta a sinistra!”.
Qui invece la piccola e media borghesia impoverita e la working class che stenta ad arrivare alla fine del mese pur dentro un’economia che, considerando soltanto il Pil (+3%) e l’occupazione (solo il 4% di disoccupati) cresce, sceglie per disperazione di compiere l’azzardo di buttarsi a destra, nelle mani di un corrotto miliardario (o di due? ‘Trusk’) che gli promette protezione dall’inflazione, dall’immigrazione, dal peso dei cosiddetti aiuti militari. E si è disposti financo a lasciar perdere i tagli alle tasse dei ricchi e quelli alla spesa sociale già annunciati dal tycoon. Tanto peggio di così non potrà andare. E poi la m.a.g.a. (make America great again) fa magie! Nella grandezza americana qualche briciola cadrà dalla tavola del ricco Epulone. Non sarà la redistribuzione ma piuttosto che niente, meglio piuttosto. A chi fischiano le orecchie se avviene una roba di questo genere? Non dico solo negli Usa, non dico solo ai democratici Usa ma alla sinistra occidentale: de te fabula narratur.
Pur nei cambiamenti sociali di questi decenni permane l’esigenza disattesa di dare rappresentanza a classi e ceti sociali, a cominciare dal mondo del lavoro vecchio e nuovo, senza il cui sostegno la sinistra semplicemente evapora. Questa è la prima lezione americana: si consegnano le classi più disagiate ai demagoghi e ai populisti se la sinistra non difende le loro condizioni di vita, il loro peso sociale, la loro dignità. Ricordate? “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”, non è roba vecchia. E quando una Repubblica non è fondata sul lavoro e sui lavoratori rischia di entrare in discussione la democrazia. Finiscono per governare gli oligarchi, i magnati, i “cavalieri” o quelli che costruiscono sulle paure delle periferie sociali ed esistenziali le fortune delle classi dominanti e snervano la democrazia fino a trasformarla in una oligarchia.
È una vecchia storia? Infatti. Si presenta in forme nuove? Infatti. Solo a partire dalla ricostruzione di un blocco sociale significativo le forze autenticamente democratiche possono ricomporre un credibile progetto che tenga insieme diritti sociali e diritti civili, il pane e le rose.
Un’ultima breve considerazione prima che passiate alla lettura di pezzi più articolati e profondi. Dalle prime analisi del voto si evidenzia il sostanziale appoggio dei protestanti e dei cattolici americani ai repubblicani. Il 72% dei protestanti bianchi e il 61% dei cattolici hanno dichiarato di aver votato il tycoon, ma Trump ha vinto anche sul voto cristiano in generale: il 58% di tutti i cattolici e il 63% di tutti i protestanti. Un incremento dei consensi netto. Naturalmente questi dati, pur essendo in una certa misura sorprendenti, si possono leggere anche alla luce di una estensione di fenomeni fondamentalisti, di fortini identitari, di paure sociali, da sempre radicati in una parte degli Stati Uniti. Tuttavia come non sentirci interrogati quando la croce di Cristo diventa il simbolo di un recinto che non apre al cammino sulla strada comune ma chiude le porte delle case e delle chiese e, come disse Bergoglio poco prima di diventar papa, costringe il Signore a bussare alla porta (ricordate: io sto alla porta e busso). Ma bussa dall’interno per uscire.