Il tempo è adesso

Come ogni anno, ormai da qualche decennio, ho acquistato “Un giorno una parola”, l’agile e rigorosa guida alla lettura quotidiana della Bibbia, pubblicata dalla Claudiana, che è poi l’edizione italiana delle Meditazioni bibliche giornaliere dei Fratelli Moravi e che è, pensate, al suo 294° anno. La trovo, per la mia affannosa esigenza di fare i conti con la Scrittura e di metterla a contatto con la vita quotidiana pubblica e privata, un indispensabile ed efficace elemento d’ordine.  È una pubblicazione che va in mano a migliaia di sorelle e fratelli evangelici nel nostro Paese. Per me, nato e vissuto e nella mattonella cattolica è anche un modo per respirare una sensibilità protestante così importante per cercare di vivere da cristiani nel mondo secolarizzato. D’altra parte questa ormai evidente condizione di minoranza dei cristiani in modo particolare in Europa e in diverse aree del mondo fa sì che o si diventa sempre più radicalmente ecumenici o si disperde una ricchezza di esperienze da far incontrare nel convivio delle differenze e, come già avvertiva Giovanni nel suo Evangelo, si corre il rischio di non essere credibili: siate una cosa sola perché il mondo creda. Uniti intorno all’essenziale certo ma al contempo capaci di mettere reciprocamente a frutto la sensibilità per l’eucaristia, quella per la liturgia, quella per la predicazione della Parola su cui si sono venute storicamente caratterizzando le diverse Chiese. Ormai doni da scambiare non identità da blindare dentro le rispettive ridotte.

Qui in Cittadella Laudato si’ abbiamo appena terminato un Convegno “Parole, segni e idee per abitare la casa comune” in cui molto si è insistito sull’esigenza di un fruttuoso dialogo tra le diverse fedi, religioni e spiritualità al servizio soprattutto dell’umano fragile e della terra ferita. Come cristiani dobbiamo sentire il compito, oserei dire il mandato evangelico, di una fertile convivenza nella libertà dello Spirito e nella faticosa fedeltà alla sequela del Signore, da tessere nella compagnia delle donne e degli uomini del nostro tempo. E da vivere laicamente nella polis comune. Sappiamo che questo processo ecumenico è andato incontro in questi ultimi anni a impensati gesti di reciproca accoglienza ma anche a scandalosi rovesci, come nella situazione ucraina. A maggior ragione sulla domanda e sulla lotta per la pace e contro il riarmo, omicida sin dal concepimento, sulla progressiva pratica della nonviolenza, sulla centralità delle periferie esistenziali e sociali contro la dittatura del profitto, sull’emersione universale del femminile, se provano ad essere degni del nome che portano, devono battere insieme un colpo. Parlare di unità e praticare la divisione senza riconciliazione è una controtestimonianza. Pregare, operare ciò che è giusto e attendere il tempo di Dio, per usare l’espressione di Bonhoeffer è la strada da battere. Nel suo piccolo Rocca continuerà, con le sue autrici e suoi autori, a offrire riflessioni utili a sostenere questo cammino sapendo, per citare un passo dei Pirqè avot (Detti dei padri) nel Talmud, che “non spetta a te portare a termine il lavoro ma non sei nemmeno libero di sottrartene”.

Leggendo la consueta introduzione a “Un giorno, una parola” da parte del Pastore Paolo Ricca, prestigioso e carissimo amico della rivista e della Pro Civitate Christiana ho avuto il piacere di veder citata Rocca a proposito di un’intervista a noi rilasciata dal pittore Marcello Silvestri, alcune delle cui bellissime tavole illustrano le letture bibliche e i brevi commenti del libro. L’idea che chi lo legge incontri in qualche modo la nostra rivista mi pare un piccolo segno verso quella comunione tra cristiani di confessioni diverse che battono cammini comuni per alleggerire il mondo dalle sofferenze e per costruire esperienze di promozione umana. E che sperano di trovarsi presto a spezzare il pane insieme, come il Signore ci ha comandato di fare.