Ama la terra come te stesso

Alla fine mi sono risolto per il sì. Sì alla copertina pensata qualche giorno fa, dove l’impronta umana e quella di altri viventi lasciano il loro segno su questo piccolo pianeta, di questo piccolo sistema solare, immerso in milioni di stelle spesso più grandi che vediamo splendere vividamente perfino quando qualcuna ha esaurito il suo ciclo vitale. Dire di non sentirsi dentro un grande mistero cosmico non mi pare sensato. Poi le diverse conclusioni che da ciò possono essere tratte son cosa diversa. Tuttavia, saccheggiare il mistero e lasciarsene interrogare è, in modi diversi, la vocazione della scienza e quella della fede. Per chi crede nel Dio che si è lasciato intravvedere nelle Scritture, nella fragile bellezza della creazione e nel paradosso della vita donata di Gesù, la consegna di custodire la terra e di comprendere e vivere la compresenza di chi la abita e di chi l’ha abitata, dovrebbe essere un mandato, un peso, infine anche una gioia.

Avvertire l’unità di destino di ogni vivente. Non si salva l’anima umana, dualisticamente intesa rispetto al corpo. No, si salva la vita nella sua interezza. Terra nuova e cieli nuovi, cum tucte le creature. Di fronte ai molteplici fronti di guerra: di posizione, di movimento, di terrore, dentro gli Stati, tra Stati, tra entità spesso indefinite, con il sangue, la paura, la fame che circolano nei diversi continenti, ci vuol coraggio o sfrontatezza a parlare del dolore degli animali, della crudeltà degli allevamenti intensivi, dei rischi che ne derivano per la salute e l’ambiente di cui leggete nella forte intervista a Giulia Innocenti. Ma figurarsi, si potrà dire, questo è l’ultimo dei problemi nel mondo che pensa a blindarsi, more solito, con armi d’ogni tipo e natura per difendersi dal nemico: quello di oggi, quello di ieri (non sia mai si risvegli) e anche quello che, non essendolo oggi, potrebbe sempre esserlo domani. Il solito copione che nel corso della storia ha determinato una lunga catena di guerre e che oggi sembra progressivamente preparare anime e menti a un nuovo catastrofico conflitto mondiale. A guardar bene gli interessi che spingono a distruzioni e (ipotetiche) ricostruzioni non riescono a nascondere la propria natura economica e l’esigenza di presidiarla con una forte egemonia militare.

Nazionalismi, fondamentalismi religiosi, ideologie sono il contorno, per nulla irrilevante, di questo piatto principale. Talvolta l’umanità è riuscita a venir fuori da queste situazioni trovando un equilibrio capace di far convivere e cooperare i diversi interessi e le differenti culture. Questo obiettivo è tanto più vitale nell’epoca delle armi di distruzione di massa e un movimento di massa per la distruzione bilanciata di queste armi non è troppo utopico, semmai troppo tardivo. Molti interventi in questo numero mettono al centro dell’attenzione questa problematica. D’altra parte, il mattatoio di Gaza, il feroce atto terroristico a Mosca, lo stillicidio sanguinoso della guerra in Ucraina, le decine di realtà attraversate da violenze inaudite rendono importante sia un protagonismo di massa, sia testimonianze comunitarie e personali. Lasciare a papa Francesco la bandiera bianca della pace e della trattativa senza le bandiere rosse, rosa, verdi, arcobaleno, di partiti, sindacati, movimenti a livello europeo ed internazionale, sarebbe assai miope.

Di fronte all’internazionale del riarmo, della guerra e della disuguaglianza bisogna costruire e contrapporre l’internazionale della pace, del lavoro, della protezione sociale. Dentro questa cornice si colloca una nuova solidarietà tra terrestri. Scegliere la difficile ma necessaria strada della nonviolenza, fino, in alcune situazioni, alla non resistenza al male come strumenti di lotta e non di resa, trova forza e coerenza nell’attenzione e nel rispetto per ciò che vive. «Anche gli animali sono creature di Dio, che nella loro muta sofferenza sono un segno dell’impronta universale del peccato e della universale attesa della redenzione», Paolo VI avvertì così la pietà verso il vivente non umano. Ma tante grandi anime sentirono che l’amore per gli animali, la cura per gli animali che soffrono, il rispetto per la loro esistenza, aiuta negli umani il percorso di sorellanza e di fraternità, terza essenziale quanto dimenticata componente della triade da cui è nato il travagliato cammino delle rivoluzioni moderne. Molti nomi si affollano alla mente, troppo noti perché debba citarli. Solo con il ricordo di un’antica e inaspettata lettura voglio concludere.

Una lettera di Rosa Luxemburg dal carcere nella quale la rivoluzionaria di «socialismo o barbarie» descrive il cammino pesante di un bufalo da trasporto che vedeva dalla finestra della sua cella procedere piagato dall’impietosa frusta del padrone con «un’espressione simile a quella di un bambino che abbia pianto a lungo… gli stavo davanti e l’animale mi guardava, mi scesero le lacrime, erano le sue lacrime… Oh mio povero bufalo, mio povero amato fratello… siamo un tutt’uno nel dolore, nella debolezza, nella nostalgia». Breslavia 1917