Ma come corre il linguaggio …
Dice il saggio
Parlo dunque sono (riprendendo nel titolo il cartesiano penso dunque sono) intende ribadire, attraverso una carrellata di nomi, figure, topoi, immagini, ragionamenti, che se esiste una specificità, anzi un vero e proprio fondamento, dell’umano, esso sta nella capacità dell’uomo di comunicare e, in particolare, di comunicare con quell’inconfondibile sistema di segni che è il linguaggio.
Tra le differenti interpretazioni del fenomeno linguistico, Andrea Moro, professore alla IUISS di Pavia, sceglie come più plausibile quella biologica che riconosce nel parlare una caratteristica strutturale del nostro modo di essere (la parola “essere”, fra l’altro, viene sottoposta nel capitolo dedicato a Bertrand Russell a un interessante esame ontologico- linguistico).
Ma il saggio di Moro, qui riproposto in versione aggiornata rispetto a quella iniziale del 2012, è anche un libro metalinguistico che riflette, parlando del linguaggio, sulla disciplina che lo studia e sulla sua epistemologia.
Leggiamo infatti nell’Introduzione: “Una scienza che non ci dice niente di noi è inutile, come un album sbagliato. Se poi quella scienza studia il linguaggio, è impossibile che non ci dica qualcosa di noi – a meno di non volerlo -, perché il linguaggio sta solo in noi, come i teoremi e le sinfonie; fuori ci sono oggetti, movimento e luce”.
Un album, dunque, ma come tutti gli album incompleto, e destinato a fare posto a nuove istantanee di quel fenomeno inesauribile e misterioso che è il linguaggio. Noi lo rincorriamo, dice l’autore, ma esso corre più forte e sfugge alla nostra presa e al nostro controllo totale.