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Dice il saggio

Shubin

Neil Shubin
Costruire la vita
Quattro miliardi di anni dai fossili al DNA
Adelphi, 2024, pp. 296
€ 28,00

La storia della vita sulla Terra è costellata di grandi transizioni e invenzioni: i pesci che si sono spostati sulla terra, i rettili che si sono trasformati in uccelli. Ma come sono avvenuti questi eventi? In Costruire la vita. Quattro miliardi di anni dai fossili al DNA (Adelphi, 2024), il paleontologo, biologo evoluzionista e divulgatore scientifico Neil Shubin fornisce un resoconto aggiornato e assolutamente avvincente delle ultime scoperte sulle grandi trasformazioni dell’evoluzione.

Il libro miscela in maniera riuscitissima elementi educativi e divulgativi sulle teorie scientifiche più e meno recenti, sulle radici storiche delle idee e delle persone dietro di esse. Il lettore è allo stesso tempo reso edotto e letterariamente gratificato, a tratti persino divertito, se non proprio portato a innamorarsi della biologia evoluzionistica. Una ricca sezione di note finali per approfondire le letture sugli argomenti trattati consente di soddisfare anche questa evenienza.

Non di rado, le storie di scoperte narrate mostrano più persone che convergono sulla stessa idea contemporaneamente, oppure molto in anticipo sui tempi, con il risultato che vengono ignorate o addirittura ostracizzate e considerate eretiche. Quest’ultima evenienza, purtroppo, coinvolge un buon numero di donne brillanti le cui idee inizialmente non furono prese sul serio. Che si tratti di scienziati e scienziate che Shubin ha incontrato personalmente o meno, ci sono storie umane su tutti e tutte loro, spesso avvincenti. Questa componente biografica rende la narrazione di Shubin particolarmente accattivante.

Quando Charles Darwin formulò la Teoria dell’evoluzione, parlò apertamente delle criticità e delle lacune del suo pensiero, il che rende quell’impresa scientifica tanto più grandiosa perché consapevole dei suoi stessi limiti e delle necessarie revisioni che ne sarebbero seguite. Shubin apre il libro proprio con una delle prime critiche mosse alla teoria darwiniana: se l’evoluzione è un processo di cambiamenti graduali attraverso la mutazione e la selezione naturale, come possono verificarsi le grandi transizioni di cui si ha traccia? Domanda sensata non solo per chi sposa una fede creazionista. Darwin stesso ebbe modo di rispondere nelle edizioni successive della sua opera, precisando che le innovazioni non avvengono quasi mai durante le grandi transizioni a cui sono associate. In campo evolutivo, spesso le cose iniziano ben prima di quando si pensa che siano iniziate.

Prendendo le mosse da questa considerazione, Shubin illustra brillantemente come l’evoluzione segua sovente delle scorciatoie: invece di inventare nuovi tratti da zero, ripropone quelli esistenti, come per la respirazione dell’aria nei pesci, che è stata riproposta per creare polmoni negli animali terrestri, e le piume dei dinosauri che originariamente si sono evolute in un contesto diverso, ma sono state poi riproposte per il volo negli uccelli. Il polmone non si forma gradualmente per respirare fuori dall’acqua né le piume crescono per poter volare, come una visione ingenua della teoria darwiniana potrebbe portare a pensare: erano entrambi già lì e si sono adattati alla vita anfibia, terrestre e aerea. Le nuove caratteristiche, cioè, spesso si sviluppavano attraverso un cambiamento di funzione. I “nuovi” adattamenti o geni proprio nuovi non sono, ma solitamente consistono in modifiche riproposte di forme preesistenti.

Questo non è che uno dei tanti modi in cui l’evoluzione può realizzare transizioni rapide e importanti, al di là del processo delle mutazioni graduali e adattive: le specie possono evolversi perdendo o inibendo tratti presenti nel loro patrimonio genetico, non solo acquisendone di nuovi. Di volta in volta, Shubin mostra come l’evoluzione possa riutilizzare o riorganizzare strutture e processi già esistenti. Piccoli cambiamenti durante lo sviluppo embrionale possono avere grandi impatti più avanti nella vita, tanto che gli embrioni allo stadio iniziale di specie diverse sembravano molto simili.

Partendo da Darwin la Teoria dell’evoluzione si è poi dovuta inevitabilmente, e dal punto di vista scientifico efficacemente, misurare con la scoperta del DNA e la nascita della genetica. Scimpanzé ed esseri umani, ad esempio, presentano una somiglianza nel sequenziamento del genoma pari al 95%-98%. Perché allora siamo così diversi? Perché il DNA non è solo una molecola contenente un gene dopo l’altro: come un circuito, è una rete, in cui alcuni pezzi funzionano come interruttori che accendono e spengono altri geni. La maggior parte del DNA, anzi, non codifica nulla: ci sono parti copiate, geni egoisti che si moltiplicano conferendo una straordinaria complessità che sola è in grado di gestire la vita e la sua evoluzione. Questo è il campo dello sviluppo evolutivo o evo-devo e offre un altro approccio in grado di spiegare come piccoli cambiamenti possano avere grandi effetti.

Anche i virus giocano un ruolo fondamentale: alcuni geni virali possono finire nel DNA dell’ospite per sbaglio o, nel caso dei retrovirus, intenzionalmente. Questo DNA virale può essere inibito e riproposto, offrendo un’altra opzione per una rapida evoluzione. Lo abbiamo persino trasformato in un potente strumento biotecnologico, il CRISPR, tra le più avanzate tecniche di ingegneria genetica, che consente l’editing genetico su scala fine. Al termine della lettura il libro di Shubin restituisce la doppia sensazione di saperne di più e allo stesso tempo di aver goduto della narrazione. Starà poi al lettore scegliere se proseguire negli studi o ritenersi soddisfatto di quanto appreso. In ogni caso l’impresa divulgativa è pienamente riuscita.