L’Aleph di un metodo jazzistico

Che spettacolo!

Maurizio Principato,
John Zorn,
Auditorium 2023, pp.320,
€ 19.00

Intelligenza compositiva e arditezze avanguardistiche, improvvisazione e sperimentazione, queste le formule del polistrumentista newyorkese, soprattutto in collaborazione con la band Naked City assieme a strumentisti di altissimo livello quali Bill Frisell, Fred Frith e Joey Baron: un Contemporaneo di Jazz, Rock e Grindcore che non rifiuta neanche il Metal di spessore, sound tipicamente Manhattan dopo aver scoperto un Free da dimensionare in forme meno aggressive, in linea naturale ed esplicita con le oscillazioni klezmer dalle zone più intime ed articolate della sua considerevole sensibilità musicale estranea a qualunque drammatizzazione intellettualistica.

John Zorn è, vorrei dire,  un filosofo postmoderno legato all’Aleph del suo alfabeto di nascita, autore di melodici raggi di luce in una velata malinconia densa di sussulti, disincantata e talora dolente così come nella più antica tradizione ebraica, alterna fra temi cupi e isole ariose; un sound recitante poiché teatrale e legato al Kabuki giapponese, come nelle riletture dei più solari ed intensi temi cinematografici di Ennio Moricone e delle inquiete estetiche delle immagini di Jean-Luc Godard, nelle pantomime di Ornette Coleman ritmicamente gestite con fiammante personalità di segno Hard Bop, gutturali e rutilanti come nel concerto del 2010 nella rassegna “Jazz In Marciac” nei suoni visionari degli aggressivi acuti hardcore del suo sax alto.   Descritta la sua storia artistica con acuto indice analitico, l’Autore svela con grande chiarezza i tratti meno noti della formazione culturale e delle scelte estetiche raccontandone la vita senza intermezzi di maniera, volendo prediligere la musica introversa e circolare, gli originali fuori-tempo e i rimandi-risposte fluidi e audaci, i frammenti lirici di meravigliose cantate ispaniche, come in Besos de Sangre per l’elegante e delicata vocalist Sofia Rei nel concerto al “Warsaw Summer Jazz Days 2013”, segno del volere eclettico di un artista che lascia sempre all’ascoltatore semplici riflessioni sul perché sia uno dei più coerenti, raffinati, imprevedibili e lineari performers della scena Blue contemporanea.