Colonialismo… all’italiana
Dice il saggio
Da poco in libreria, è interessante segnalare questo lavoro di Valeria Deplano e Alessandro Pes, “Storia del Colonialismo Italiano”, Carocci editore Quality Paperbacks.
La “parabola storica” può dirsi cominciare nel 1869 e, simbolicamente, concludersi nel 2005, con la restituzione alla Etiopia, dell’Obelisco di Axum; simbolo di una sotterranea vena semicoloniale che attraversa anche il periodo repubblicano, più vivo tra il 1946 e il 1960; comunque mai del tutto sopito, appunto, almeno fino al 2005.
Una premessa di ordine storico-economico. Quando il giovane Regno di Italia si affaccia sulla scena internazionale, ed intercontinentale, “la parte del Leone” come si dice, era stata già da generazioni, acciuffata, da Francia e Inghilterra in primis e Portogallo, Olanda, Belgio e Germania in secundis.
Certo, il “Corno d’Africa” quanto a estensione, era un gran bel boccone, in termini di superficie.
Ma è corretto dire, con la logica di quel tempo, che secondo i parametri di allora, di pietre preziose, minerali preziosi, legnami preziosi, tra Somalia, Eritrea ed Etiopia, ai tempi, se ne trovava assai poco. Se non siamo allo “scatolone di Sabbia” libico di primo Novecento, poco ci manca. Almeno, tuttavia, si sarebbe potuto vantare la posizione strategica tra Oceano Indiano e imbocco del Mar Rosso; ma anche qui, astutamente, gli inglesi si erano impadroniti dei Porti Nodali all’Ingresso della via che porta al Canale di Suez.
Fatta questa doverosa premessa storica, trovo il libro molto interessante, e lodo l’idea di partenza; almeno nella logica di una bella sintesi, per di più aggiornata: la lettura è certo intrigante. A maggior ragione ancora, perché finalmente, almeno nelle linee essenziali si capiscono, le logiche che presiedono agli Incontri del 1946 resi definitivamente operanti tra il ‘48 e il 51, che assegnano solo l’amministrazione fiduciaria della Somalia (da giovane collezionista filatelico, ricordo il Decennio della “Somalia AFIS” appunto).
Grande delusione nel Governo; ma erano anni nei quali molte cose le dovevamo ingoiare e subire, come ex nemici. Giustamente gli autori fanno notare che la preparazione, in un decennio scarso, della classe dirigente locale, diciamo così, fu incompleta, in quanto le scadenze imposte erano draconiane.
Per quello che riguarda il periodo monarchico prima, e fascista poi, condivido il taglio critico, su episodi e momenti razzisti, crudeli e vessatori. In questo senso, la distanza con i “Sistemi” coloniali delle altre potenze, non era così diversa: e giustamente si fa notare che fino a non molti anni fa, per una forma malata di auto-giustificazionismo, generazioni di studenti si sono dovuti sciroppare la mezza favola del tipo “Italiani Brava Gente”, lo specchio umano (distorto) del nostro colonialismo, come il luogo comune del “buon selvaggio”.
Fortunatamente, da un po’ di anni a questa parte, si fa leva e si riaprono grandi “buchi” storici, che appunto chiariscono il reale rapporto di allora, tra Europei (Italiani) e Somali, Eritrei, ed Etiopi.
Merita anche molto interesse quanto detto intorno alla Libia: a inizio avventura, poi prime conquiste e battaglie, e la faticosissima penetrazione negli anni Venti, contrastata spesso con successo dal “Leone del deserto” (dal film del 1979 con Anthony Quinn, mai giunto nelle sale italiane, in 45 anni!) Umar-al-Mukhtar, che tiene in scacco gli Italiani in Cirenaica per un buon decennio. Solo nel ’34 (e anche qui la filatelia è fedele specchio dei tempi) non ci sarà più una Cirenaica separata, e tenuta sotto sferza, ma si compirà la fusione in “Libia” (che peraltro terremo in pace con Balbo, per pochissimi anni, fino al ‘40, e alla misteriosa morte dello stesso).
Seguo con interesse anche le vicende libiche che portano praticamente fino a Gheddafi (che appunto volle una Epica Locale, con il film semicolossal del 79 citato). I rapporti con il Re Idris, un fratello dell’altro “re fantoccio” Faruk in Egitto nel Dopoguerra (prova del pervicace seme colonialista pure dopo il crollo degli imperi Inglese e Francese), anche oltre Gheddafi in Libia e Nasser in Egitto.
Ma sarebbe una altra storia, sempre grande e penosa, che produce l’astuta furbata del Commonwealth inglese, “La Via Prioritaria di tutte le merci più preziose dell’ex impero passa per Londra… ovviamente”. E i fiumi immensi di denaro che, almeno fino a Nasser, piovevano sul Regno Unito!
Detto ciò, per gli addetti e appassionati di storia nazionale, una sintesi molto valida, un ottimo punto di partenza: anche proiettato all’oggi, e al cosiddetto “Piano Mattei”, al momento assai vago, su una linea poco decifrabile nei dettagli, forse perché di dettagli ce ne sono (o ne dobbiamo conoscere), pochi, per ora il meno possibile.