Le passioni di Bach
“L’insieme più audace e complesso di narrazione e meditazione, religione e politica, musica e teologia che sia mai stato realizzato”
John Eliot Gardiner
“Cinque Passioni, una delle quali a due cori”: questo riferisce il Nekrolog di Johann Sebastian Bach (1754) nell’elencare le opere del grande Thomaskantor. Oggi, soltanto due delle passioni bachiane sono a noi pervenute complete: la Matthäus-Passion BWV 244, su testo di Picander (quella a “due cori”) e la Johannes-Passion BWV 245. Frammentaria è invece una Markus-Passion BWV 247, sempre su testo di Picander. La quarta è forse la Lukas-Passion BWV 246, mentre la quinta potrebbe essere un’ulteriore Johannes-Passion, composta negli anni di Weimar e forse in parte riutilizzata nella seconda stesura dell’omonimo lavoro per l’esecuzione lipsiense del 1725.
Quando Bach, ormai a Lipsia, affrontò il tema della Passione, il genere era stato da poco introdotto in città, anche se dalla metà del secolo precedente gli ordinamenti liturgici locali avevano consentito di intonare il testo della Passione secondo San Matteo alla Domenica della Palme e quello della Passione secondo San Giovanni il Venerdì Santo, conformemente alla pratica della lettura della Passione nei riti della Settimana santa che, testimoniata già dal IV secolo, era stata codificata da papa Leone Magno nel V secolo. È invece circa quattro secoli dopo che, dopo svariate modifiche, si stabilizza la scansione: Matteo-Domenica delle Palme, Marco-Martedì Santo, Luca-Mercoledì, Giovanni-Venerdì. Dal 1717, inoltre, si era aperta a Lipsia la strada alle Passioni di carattere oratoriale (ovvero le Passioni che sfruttano come testo base il racconto di uno dei quattro evangelisti con l’aggiunta di testi “madrigalistici” liberi e di Kirchenlieder), già praticata in altre città e accolta con grande favore. L’organizzazione di queste esecuzioni, che si svolgevano alternativamente nella Thomaskirche e nella Nikolaikirche, era demandata al Thomaskantor: Bach dovette quindi, nella sua lunga permanenza a Lipsia, sovrintendere a ventisei Passionmusiken. In questo contesto si collocano, dunque, anche le esecuzioni delle sue Passioni, la maggior parte più volte riprese, anche in differenti versioni.
Ben quattro sono, infatti, le esecuzioni lipsiensi e le diverse versioni della Johannes-Passion. Di tutte (1724, 1725, 1732, 1749) sono superstiti poche parti frammentarie. L’unica partitura nota, solo parzialmente autografa, risale al 1739. I ripetuti interventi sull’articolazione interna dell’opera, la sostituzione di alcune sezioni (la struttura della prima versione viene modificata nella seconda e nella terza, ripristinata nella quarta), così come l’addizione e l’eliminazione di elementi testimoniano un processo creativo ininterrotto, una stratificazione più vicina a una “pluralità di possibilità esecutive” che non a una “progressione verso un modello definitivo” (Basso).
Sbrigativamente etichettata come “sorella minore” della “teatrale” Matthäus-Passion, la Johannes-Passion è piuttosto il suo contraltare intimo, “per molti aspetti più coraggiosa, potente e poetica […] compatta e geniale dall’inizio alla fine […] piena d’arte”, come scriveva Robert Schumann dopo la riscoperta ottocentesca (meno nota rispetto al caso della Matthäus, ma sempre opera di Mendelssohn, nel 1833). Opera perfettamente figlia del suo tempo, impregnata della predicazione di Lutero (che considerava il Vangelo secondo Giovanni il “principale, superiore ai tre altri”), la Johannes è al tempo stesso un monumento assoluto, musicale ed etico, il cui messaggio appare oggi, a distanza di tre secoli, puramente intatto.
© Silvia Paparelli
Invito all’ascolto: John Eliot Gardiner / The Monteverdi Choir / The English Baroque Soloists, Bach: Johannes Passion, CD Archiv 419324-2