Immaginate: prove d’orchestra nel Sahel

Cosa faremmo senza un nemico, un avversario da combattere, un’ostile presenza che accompagni il nostro pensiero politico. Ammettiamolo infine: sarebbe un guaio serio accadesse all’improvviso non avere più nulla o nessuno da combattere. Lo cantava squisitamente, il passato millennio, John Lennon nel suo famoso e mondialmente riconosciuto Imagine

‘Immaginate non ci siano patrie…non è difficile farlo, nulla per cui uccidere o morire… immaginate tutta la gente che vive la vita in pace… immaginate una fratellanza di persone, immaginate tutta la gente condividere tutto il mondo’… Lennon fu ucciso l’8 dicembre del 1980.

Il dramma di questi giorni passati e tutt’ora in atto non fa che confermare la veridicità dell’assunto sopra enunciato. Nei misteri della storia umana sembra che le parti in conflitto armato in Israele, Palestina abbiano entrambi bisogno di un nemico per giustificare le proprie politiche di resistenza o di occupazione armata. La maggiore responsabilità incombe sullo stato di Israele che la guerra permanente assicura come laboratorio riconosciuto di sorveglianza, armi e segregazione di tipo razziale. Dall’altra parte, con costi innumerevoli di vite umane si cerca di sopravvivere politicamente nello scacchiere del Medio Oriente.

Ma anche altrove, nel Sahel ad esempio, non si scherza affatto. Immaginate smettessimo di costruire, identificare, usare e promuovere la ‘coltivazione’ di nemici … che rimarrebbe dei gruppi armati ‘terroristi’, delle spese militari, delle emergenze umanitarie e dei militari che saturano lo spazio sabbioso delle nostre politiche. Che il nemico sia reale o meno non importa. Ciò che conta è che esso sia ritenuto tale ed entri a pieno titolo nella realtà creduta da una parte dei cittadini. Ciò che è creduto vero diventa reale e dunque in grado di assicurare le conseguenze della sua esistenza. Ad ogni stagione politica arrivano puntuali i nemici!

Le forme culturali, ideologiche, religiose ed economiche secernono il tipo di nemico adatto al momento propizio che il potere del momento abbisogna per garantire e assicurare la propria stabile precarietà.  Qualcuno scrisse saggiamente che, nel caso si demoliscano le statue, di lasciare il piedistallo perché sarà sempre utile nel futuro, Gli eroi di ieri possono diventare i nemici di oggi e viceversa chi oggi è dichiarato nemico potrebbe essere riconosciuto salvatore della patria. Tra patrioti, combattenti, partigiani, nemici del popolo o terroristi si tratta spesso dal punto di osservazione dal quale si legge la realtà.

Nemici e divinità camminano spesso assieme perché affermano entrambi, per processi culturali affini, elementi di esclusione, discriminazione, appartenenza identitaria o cammino di salvezza per una parte del mondo. Sappiamo bene che, anche dal punto di vista psicologico, il nemico spesso contribuisce alla costruzione della propria identità. Ci si misura ‘contro’ qualcuno e, specie in ambito politico, il nemico è colui che giustifica ogni tipo di strategia fino, talvolta, la propria esistenza. Non c’è nulla che renda compatto un popolo attorno ai propri capi come la chiamata a raccolta contro un nemico, vero o fittizio.

La difesa da un possibile o probabile attacco del nemico nel proprio territorio, la difesa del popolo, di una religione e, talvolta, dello stesso Dio, condurrà a compattare il popolo attorno ai propri capi. Quale potere, infatti, potrebbe sopravvivere a lungo senza un nemico accertato e riconosciuto da molti. Le stesse campagne elettorali si svolgono sullo sfondo del contrasto ad un nemico del popolo, della democrazia, o delle legittime aspirazioni di una parte di esso. L’eventuale scomparsa improvvisa e inattesa, non preparata, del nemico, lascerebbe un vuoto difficilmente colmabile da coloro che detengono il potere.

Per chi ha fatto del potere un fine in sé non potrebbe accadere nulla di peggiore che rimanere senza un nemico. Rimarrebbe come orfano e smascherato dalle parole di verità del bimbo della favola che, solo tra tutti, affermò che il re era nudo.