Gli ulivi di Mykolaïv

Nell’Angelus della Domenica delle Palme, Papa Francesco ha dedicato un pensiero e una benedizione alla Quinta Carovana di Stop the war now che con 150 partecipanti distribuiti in 30 mezzi si è recata in Ucraina: «Rivolgo una benedizione alla Carovana di pace che in questi giorni è partita dall’Italia per l’Ucraina, promossa da varie Associazioni: Papa Giovanni XXIII, FOCSIV, Pro Civitate Christiana, Pax Christi e altre. Insieme con generi di prima necessità, portano la vicinanza del popolo italiano al martoriato popolo ucraino, e oggi offrono rami di ulivo, simbolo della pace di Cristo. Ci uniamo a questo gesto con la preghiera, che sarà più intensa nei giorni della Settimana Santa». Nel ringraziare il Papa che ha scelto di rivolgere quella benedizione che ha il sapore di una conferma, per noi che abbiamo partecipato a quella iniziativa è il tempo del bilancio. E non può avvenire seguendo le regole rigide dell’efficientismo e del pragmatismo che sembrano dominare ogni valutazione. Di fronte alle guerre non esiste soltanto l’intervento risolutorio o il contributo determinante per emergere dal caos in cui fa ripiombare il ricorso alla violenza. Può esserci invece una partecipazione in termini umani, profondamente umani, che consiste nello stabilire relazioni nuove e generative, nell’incontrare i volti, nel riuscire in qualche modo a denunciare l’ingiustizia della guerra a partire dalle vittime, adottando quel punto d’osservazione privilegiato che è lo sguardo delle vittime e, nello stesso tempo, diventa quanto mai vitale riuscire a stabilire un rapporto di fiducia, di amicizia e di fraternità. L’intento della Carovana era quello di portare aiuti umanitari e di riuscire a stabilire una relazione nuova soprattutto grazie anche alla presenza permanente degli operatori di Operazione Colomba (Associazione Papa Giovanni XXIII) e che potesse offrire a noi uno sguardo altro sul conflitto. Gli occhi ci vengono offerti esattamente dalle persone che abitano le città maggiormente martoriate da una guerra che non è stata scelta ma piuttosto subìta tutti i giorni. Anche la partecipazione di Erri De Luca che pure aveva sperimentato più o meno le stesse modalità con il trasporto frequente di beni di prima necessità a Sarajevo durante la guerra in Bosnia, ci ha aiutato a comprendere come l’aiuto umanitario non è esaustivo dell’impresa, né riesce a dar conto della portata reale dell’azione della Carovana stessa. Una sintesi fedele di tutto questo la si trova nelle parole di Maxim un giovane ucraino consigliere comunale della città di Mykolaïv che ha contribuito non poco a organizzare la nostra permanenza e continua ad essere accanto alla popolazione coordinando l’arrivo e la distribuzione di aiuti umanitari: «Quando non c’è stata l’acqua per mesi interi abbiamo dovuto fare la spola e andare al fiume. Per ogni nucleo familiare si riuscivano a raccogliere 5 litri d’acqua che servivano a lavarsi. Quando non c’è stata corrente per diverso tempo eravamo costretti ad uscire dal Centro (la sede della comunità che ha accolto la Carovana, n.d.r.) al buio, camminare al buio, arrivare nei nostri appartamenti accendere una candela e trascorrere così la serata. Ci sono stati momenti in cui non potevamo neppure chiamare i nostri cari per sapere se stavano bene perché non potevamo ricaricare i telefoni. Quando non c’è corrente per tanto tempo non puoi neppure fare rifornimento di carburante semplicemente perché non c’è pressione, non ci sono le pompe funzionanti per spingere il gasolio dal distributore. E quello che succede è che tu passi tanto tempo in casa a sentire il suono delle esplosioni, e in quei momenti lì ti senti particolarmente solo. È stato in un momento come questo che siete arrivati voi e avete chiesto: ‘Di cosa avete bisogno?’. La prima risposta naturale è stata: l’acqua. Incredibilmente, dopo un mese di collaborazione, sono arrivati i primi dissalatori e adesso ne abbiamo 7 (quasi 8) con punti di distribuzione già funzionanti. Nonostante questi aiuti siete tor5 ROCCA 1 MAGGIO 2023 nate e avete chiesto di nuovo: ‘Come possiamo aiutarvi?’. Vi abbiamo detto che avevamo bisogno di generatori e oggi, tra le altre cose, avete portato tanti generatori. Anche se ora la situazione è apparentemente più calma, sappiamo che la situazione è in continuo cambiamento e quindi potremmo tornare a convivere con gravi difficoltà. Nonostante abbia avuto la possibilità di avere qualche giorno di stacco da Mykolaïv per andare in Italia con mia moglie, ieri quando è stato improvvisato il concerto, per la prima volta ho percepito una sensazione di tranquillità, come se la guerra non ci fosse. La stessa cosa mi è stata riferita anche da altre persone che sono venute oggi al concerto. Per la prima volta dallo scoppio del conflitto hanno dimenticato la guerra. Ci sono molti donatori, molte associazioni, molti partner che finanziano delle realizzazioni o semplicemente donano dei fondi dicendo: ‘perfetto ve li abbiamo dati, portate avanti le attività’, magari poi non verranno mai a vederle. Voi siete gli unici che venite in un numero così grande qui a fare presenza, a vivere con noi, a fare esperienza di tutto quello che anche noi viviamo. Siete gli unici, e vi ringraziamo molto per questo vostro impegno». Troppo spesso, facendoci eco dell’esortazione dei due Francesco, diciamo di essere «fratelli tutti» ma non sempre comprendiamo fino in fondo il significato di questa realtà. Se un mio fratello ha una necessità o vive comunque una situazione di precarietà o di fragilità io non mi do pace e cerco di essergli accanto, di essergli d’aiuto. Anche quando dovesse succedere che non c’è più niente da fare, non per questo rinuncio a garantire una presenza per tenergli semplicemente la mano oppure per comunicare a lui l’affetto per vie e linguaggi che solo l’amore fraterno sa trovare. È la scelta della nonviolenza che sa farsi umile e discreta. I governi Nato ed europei hanno scelto di alimentare l’escalation della guerra dagli Ak-47 (kalashnikov) iniziali ai carri Leopard e Challenger, fino ai Mig 19, alle esercitazioni dell’esercito ucraino nelle nostre caserme e ai proiettili all’Uranio impoverito e sin dall’inizio hanno detto che non c’era alternativa alla difesa se non la resa. Il risultato di quelle scelte oggi è sotto gli occhi di tutti e soprattutto sulla pelle delle vittime. Che cosa sarebbe stato se non avessimo armato la guerra, nessuno può dirlo. Anche se non ci sono cifre ufficiali o quanto meno attendibili sul numero delle vittime di entrambi i fronti sappiamo che sono tante. Dovremmo sommare quella cifra alle infrastrutture e alle abitazioni distrutte, al numero di feriti, alle sofferenze che coinvolgono famiglie e comunità. La coalizione Stop the war now che conta ormai 185 organizzazioni locali e nazionali, reti e associazioni, dalla prima Carovana del marzo 2022 ha accompagnato profughi oltre i confini, ha distribuito aiuti, è andata a prelevare orfani che ora sono affidati temporaneamente a case famiglia, continua ad accompagnare associazioni di obiettori di coscienza, ha avviato campagne come quella di informazione delle popolazioni russe circa la guerra di invasione scelta dal loro governo… Non è riuscita a fermare il fuoco, a garantire una tregua, a far terminare il conflitto ma ha alimentato la corrente della fraternità. Solo chi va oltre l’ingenuità folle della distribuzione dei ramoscelli d’ulivo della Domenica delle palme e coglie il sorriso, la gratitudine e la lacrima degli anziani e dei bambini, i soli abitanti rimasti in quella città che contava quasi 500mila abitanti, comprende che ci si è mossi nella logica del seme. Silenzioso e pressoché invisibile, non lascia immaginare né spiga né albero, eppure… Per questo nel tempo della latitanza del dialogo e della diplomazia e quando l’unica «parola» è rombo di cannoni, è bene che sia la società civile a mettersi in cammino. Ce lo ha insegnato don Tonino Bello che in questi giorni (20 aprile) ricordiamo nei 30 anni della sua Pasqua.