Crisi economica
Ecologia, bellezza, educazione per un nuovo modello economico
La situazione economica mondiale, in particolare quella occidentale, versa in condizioni fortemente critiche. A questa preoccupante crisi hanno concorso in misura determinante, e concorrono ancora, una serie di eventi negativi che hanno caratterizzato l’ultimo ventennio: dal crollo subìto nel 2008 dal sistema americano a causa del processo di finanziarizzazione, agli effetti devastanti della pandemia, fino alla guerra tuttora in corso in Ucraina.
Questi dati, che vengono ripetutamente ribaditi dalle analisi di economisti e politici, sono senz’altro veri e rappresentano ciascuno un fattore di grande importanza per spiegare l’attuale deriva. C’è tuttavia il rischio che si dia il primato ai due fattori esterni – pandemia e guerra – e che si riservi troppa poca attenzione a quelli interni, in primo luogo alla rilevanza assunta dal primato acquisito dall’economia finanziaria su quella produttiva. È questo un facile escamotage per eludere il confronto con le radici della crisi in corso, le quali vanno ascritte al fallimento del sistema economico attuale, e dunque alla necessità di creare le condizioni per la creazione per una radicale alternativa.
In realtà, qualche economista più avveduto e inascoltato ha messo chiaramente in luce, in occasione della déblacle dell’economia statunitense, l’esigenza del cambiamento. Ma i timidi interventi messi in atto si sono limitati a qualche aggiustamento teso a rilanciare il sistema, sia pure con l’inserimento di alcuni piccoli correttivi.
La deriva finanziaria
A restituire centralità alla questione finanziaria e, più in generale del capitalismo, è stato di recente un interessante libro di Jacques Lesorier, ex governatore della Banca di Francia, dal titolo significativo En finir avec le regne de l’illusion financière (Odile Jacob, 2022) che egli stesso definisce come “un libro di scienze morali e politiche”. L’Autore, che non può certo essere sospettato di simpatie nei confronti dell’estrema sinistra, non esita a denunciare la crisi del capitalismo e a gettare l’allarme sui pericoli per la democrazia.
L’analisi, che egli conduce e che è riassunta in una lunga intervista al Sole rilasciata a Beda Romano (8 gennaio 2023), mette sotto processo la crescita degli attivi finanziari che hanno avuto un fortissimo incremento a fronte dell’economia reale rimasta stagnante nell’ultimo ventennio. “L’investimento a lungo termine – Lesorier lo rileva in tale intervista – è ormai limitatissimo. Peraltro l’aumento della valorizzazione finanziaria non solo non è associato a una crescita dell’economia reale, ma è illusorio, superficiale, reversibile”. La società di consulenza Mc Winsey ha calcolato in un rapporto del 2021 che il 73% dell’aumento del valore netto del bilancio mondiale – sia attività finanziaria che attività reali – è da imputare all’incremento dei prezzi e alla valorizzazione dei titoli obbligazionari e azionari. Solo il 23% dipende dalla creazione di nuove risorse reali, e appena il 10% più agiato della popolazione ha beneficiato di questo aumento, mentre salari e stipendi sono da tempo fermi, dando origine a profondi divari sociali.
Accanto a questo dato significativo, a rendere preoccupante lo scenario mondiale vi è, inoltre, un ulteriore fattore collegato ed è costituito dall’indebolimento del bilancio pubblico: indebolimento che accentua in modo assai ampio il divario tra crescita del debito e crescita economica. Il nostro Paese non fa eccezione a questa situazione, anche se presenta aspetti ambivalenti: da un lato, infatti, ha un altissimo debito pubblico in continuo avanzamento – il debito più alto dei Paesi europei – con il rischio di precipitare nell’inflazione; dall’altro, conta su di un rilevantissimo patrimonio privato, tra i più alti a livello mondiale e dimostra in questo momento inaspettatamente sorprendenti capacità di ripresa: basti pensare al fatto che tra il 2021 e 2022 si è verificato da noi un aumento del Pil del 10%, il migliore nell’area del G7.
Due rilevanti nodi critici
La situazione descritta presenta, sul piano etico, due rilevanti nodi critici.
Il primo riguarda il fenomeno della finanziarizzazione, che non ha soltanto risvolti negativi sul terreno economico, ma che è anche moralmente inaccettabile per le modalità con cui si attua e per gli effetti che produce. L’immoralità del fenomeno consiste nel fatto che, in questo caso, il danaro riproduce se stesso, senza alcuna ricaduta produttiva, dando luogo a un mercato dominato da pesanti speculazioni, che conducono all’arricchimento di alcuni, quelli che sanno abilmente giocare con la compra-vendita delle azioni o con altre forme di intervento con i guadagni facili, talora astronomici, e con gravi perdite per piccoli risparmiatori, spesso ingannati da funzionari di banca senza scrupoli che li spingono ad investire i propri soldi in operazioni, che si rivelano vere e proprie “bolle” che immediatamente si sgonfiano.
Il secondo nodo critico è rappresentato dall’aumento delle diseguaglianze sociali, che hanno raggiunto nella nostra società accenti impensabili e inaccettabili, destinati continuamente a crescere. In un recente volume dal titolo Diseguali. Politica, economia e comunità: un nuovo sguardo sull’ingiustizia sociale (Aboca, Sansepolcro – Arezzo, 2021) Stefano Zamagni, secondo una recente indagine condotta dalla Pearl Meyer, una società americana specializzata in tali monitoraggi, ha rilevato che la rimunerazione dell’amministratore delegato di un’impresa era nel 2018 negli Stati Uniti in media 144 volte superiore a quella dei suoi dipendenti: un dato che saliva a 377 volte per le società con più di 10.000 dipendenti, giungendo in alcuni casi fino a 1000 volte. Queste pesanti diseguaglianze, che non riguardano soltanto le classi sociali ma anche i rapporti tra le diverse nazioni e i continenti sono una delle più importanti ragioni (forse la più importante) dei conflitti e delle guerre, che hanno insanguinato e insanguinano il pianeta. Si tratta di una situazione profondamente immorale, espressione di un latrocinio legalizzato, che denuncia lo stato di inciviltà in cui siamo – purtroppo – caduti.
Si può uscire da questa situazione? E come?
La gravità del momento impone – come già si è ricordato – una svolta radicale. Si tratta di dare vita a un sistema alternativo, la cui ideazione esige la ricerca di esperti in economia volta a definire un modello di sviluppo che sia in grado di far fronte a una situazione ogni giorno più drammatica. Ma esige, nello stesso tempo, da un lato, una precisa volontà politica che si assuma responsabilmente il compito di fare da guida del cambiamento, vincendo le resistenze dei poteri forti, quello economico-finanziario in primis. Ed esige, dall’altro, la disponibilità dei cittadini a modificare il proprio stile di vita nel segno di una sobrietà, che restituisse il primato ai beni relazionali e alla qualità della vita.
Non è certo compito di questo articolo individuare le strade che vanno concretamente percorse per conseguire questo obiettivo. Ci limitiamo qui ad alcune rapide considerazioni, che non hanno la pretesa di risolvere il problema, ma che vanno nella direzione del cambiamento auspicato.
La prima considerazione riguarda anzitutto l’ecologia. Di questo si è molto detto e scritto in quest’ultimi anni grazie alla crescita di una situazione sempre più allarmante. Ci basti allora ricordare la necessità della convergenza tra iniziative private e pubbliche, che consentano di far fronte alla crisi ambientale. A livello personale ciò che si richiede è l’adozione di una serie di misure che vanno nella direzione dell’abolizione degli sprechi e dell’utilizzo delle energie più pulite e rinnovabili; mentre su quello pubblico si impongono profondi interventi strutturali che implicano la riacquisizione di autorevolezza da parte della politica.
La seconda considerazione chiama in causa il mondo della bellezza. La valorizzazione e la promozione di tutto ciò che è bello non ha soltanto un valore estetico, ma anche un riscontro economico. Basti pensare alla cura per il patrimonio artistico e culturale, alla tutela del paesaggio e allo sviluppo dell’attività turistica, nonché all’incremento del design – moda, oggettistica di qualità, arredamento, ecc. – che costituisce una sfida al sistema attuale. Infine, la terza considerazione richiama l’esigenza di un’attenzione privilegiata nei confronti dell’educazione, che è oggi un’emergenza di primo piano e che ha bisogno, per essere efficacemente affrontata, di due fondamentali supporti: la scuola e l’informazione.
I cambiamenti ventilati implicano, infatti, l’esigenza di una mutazione della coscienza, di una vera metanoia, che può avvenire solo coinvolgendo le diverse agenzie educative in una attività formativa che non si limita a fornire asetticamente i dati della situazione, ma si preoccupa di far assimilare i valori che stanno alla base del cambiamento perseguito. Ma comportano anche l’offerta di un’informazione rispondente a verità, capace di sensibilizzare in modo corretto l’opinione pubblica. L’urgenza di questa svolta è oggi sotto gli occhi di tutti. Ne va del destino del pianeta e delle sorti della democrazia.