Dubia o delle dubbie motivazioni contro l’ordinazione delle donne

In barba al fatto che i testi biblici vetero- e neotestamentari attribuiscono a donne ruoli di rilievo, quali guida, comando, annuncio, profezia, liturgia, apostolato, diaconato, e che alcune testimonianze documentarie epigrafiche e raffigurazioni sacre del primo millennio presentano riferimenti a ministrae, presbyterae, arcidiaconissae,  sacerdotae e episcopae  tuttavia i teologi si sono affannati dapprima in modo sporadico poi in modo sempre più consistente a offrire le più diverse giustificazioni per tenere fuori le donne da ruoli che potessero implicare il potere. Lo fecero anzitutto dicendo che non potevano farlo: che è la migliore testimonianza del fatto che quelle lo facevano.

Le donne sono state ordinate

La storia è piena di riferimenti a donne «ordinate»: rituali, requisiti canonici, storie di donne ordinate, ruoli assegnati a donne inclusi in liste di ministri ordinati, donne che furono considerate ordinate da molti cristiani per molti secoli.
Nel corso della storia però la definizione di «ordinazione» si è trasformata e in certe epoche si è arrivato a definire cosa rendesse valida un’ordinazione, distinguendo i criteri per considerare invalida o inadeguata l’ordinazione data in un altro periodo.
La storia della Chiesa ha conosciuto molti ruoli come quello dei portinai, degli ostiari, e tanti altri ministeri ecclesiali che a loro tempo erano considerati «ordinati» e per i quali era previsto un rituale di «ordinazione» che oggi non abbiamo più e che non si sente necessità di reintrodurre. Il Concilio di Trento riconobbe sette gradi dell’ordine, dai quali era escluso l’episcopato, e infliggeva la scomunica a chi non riconoscesse tale numero di gradi.
La teologia evolve perché suo scopo è la spiegazione della fede in contesti nuovi e nei tempi che cambiano: non di rado istanze culturali nuove hanno permesso di guardare meglio a ciò che in quel deposito era rimasto nascosto.
Gli stessi termini assumono lungo la storia significati diversi anche a seconda dei contesti e certi ruoli potevano non includere le funzioni che noi vi proiettiamo o averne altri.
Per esempio si parla di diaconi e diacone sia nei testi neotestamentari che dei primi secoli. Certamente a quel tempo i criteri, i riti, le funzioni di tale diaconato erano diversi sia da comunità a comunità, sia da quelli che furono definiti successivamente. Ma accade che se il termine diacono è attribuito a uomini, si presuppone retroattivamente che questi siano stati ordinati validamente secondo la definizione di ordinazione che abbiamo oggi, mentre se attribuito a donne si tende a interpretare tale termine solo come un generico servizio (cfr. Febe, Rm 16,1). Oppure accade che quando troviamo in un documento il termine presbytera, corriamo a farne la moglie del presbitero.
Gli storici rilevano che molte donne sono state considerate ordinate secondo la definizione che al tempo si dava di ordinazione.

Esclusioni di carattere sociale

Occorre notare che le motivazioni con le quali i teologi hanno tenuto le donne in situazione di sudditanza all’interno della Chiesa sono state sostanzialmente di carattere sociale. Per tutto il primo millennio lo sforzo principale riguardante il sesso femminile è stato teso a comprendere se, e fino a che punto, esse fossero create ad immagine di Dio. Per fare questo la riflessione antropologica si è basata su un dossier di testi neotestamentari, interpretandoli secondo l’arcaica concezione binaria secondo la quale il maschio sarebbe attivo e la donna ricettiva, con l’intervento dell’antica metafora della semina che riduceva il ruolo dei generi a quello che essi avrebbero nella fecondazione. E poiché la metafora della semina veniva usata anche per l’insegnamento ne derivava che il ruolo di docenza sarebbe stato riservato ai soli maschi (Didimo). Di fatto l’idea stessa di femminilità aveva connotazione “subordinante” e di inferiorità che portava a dire per esempio (Origene, Didimo) che tutta l’umanità in rapporto a Dio sarebbe femmina. I tipici assunti acritici di una cultura sessista non hanno permesso nemmeno alle migliori menti del passato di riflettere in modo lucido su queste questioni.
Cirillo Alessandrino, che certo non brilla per reputazione da quando è accusato di essere il mandante dell’uccisione di Ipazia, la donna è incapace di pensare con rigore e sagacità̀ mentre l’uomo è più̀ pronto a comprendere.
Per Diodoro di Tarso e Crisostomo essere ad immagine di Dio significa esercitare l’autorità o dominare. Ora maschi e femmine hanno pari dignità, ma poiché l’uguaglianza porta al conflitto, è bene che in famiglia ci sia un solo capo. Quindi deve comandare il maschio, mentre la donna dovrà assoggettarglisi. A questo punto Crisostomo pensa che forse la donna non sarebbe nemmeno pienamente ad immagine di Dio perché appunto ella non domina e l’uomo non può certo essere subordinato alla donna. E siccome non possono dominare Crisostomo vieta alle donne anche d’insegnare.
Strano, perché molti di questi padri conoscevano e hanno avuto intensi rapporti con diacone del loro tempo (Olimpia), spesso di livello sociale, culturale ed economico maggiore del loro e qualche studiosa si è chiesta se le donne non siano state giudicate inferiori non solo sulla base di una mera cultura sessista, che ha prevalso sulla speculazione teologica, ma anche per un malcelato senso di inferiorità di certi personaggi. Perfino i Cappadoci (Basilio, Gregorio di Nissa e Gregorio di Nazianzo) convinti dalla loro speculazione sulla Trinità che uomini e donne siano pari nella dignità e nelle capacità, quando però arrivano a codificare il comportamento esemplare che le donne dovrebbero tenere, tornano ad enumerare gli elenchi tradizionali della cultura pagana quali obbedienza al marito, silenzio nell’assemblea finanche a prevedere una disparità di trattamento tra uomini e donne riguardo all’adulterio.
Insomma egualitari nella teoria, ma conservatori per quanto attiene ai ruoli sociali. Questo dualismo tra cultura patriarcale e riflessione razionale resta in Agostino che riconosce alla donna di essere nella sua anima ad immagine di Dio ma solo subordinatamente e comunque mai senza il maschio.

In persona Christi?

È però la sua teoria circa la validità del sacramento, da lui elaborata rispetto al problema donatista (se siano validi i sacramenti amministrati da ministri indegni), a fornirci materia di riflessione sull’ordine in merito alle donne. Agostino infatti disgiunge le condizioni di chi amministra il sacramento dall’efficacia del sacramento stesso la cui grazia deriva solo da Cristo, unico ministro. Se perfino la condizione morale o l’indegnità di un ministro umano non è collegata all’efficacia della Grazia dell’unico Ministro divino, non si vede perché dovrebbe esserlo la sua condizione sessuata.

Le implicazioni dell’in persona Christi infatti dovevano ancora essere formulate

A partire dalla riforma gregoriana, i toni delle discussioni che riguardano le donne cominciano a inasprirsi e a diventare apertamente misogini. Molti studiosi ipotizzano che ciò sia avvenuto a causa di una rimodulamento del concetto di ordine e delle concomitanti restrizioni delle leggi del celibato obbligatorio per il clero (sancito a Pisa nel 1135), il cui modello viene fortemente monasticizzato, con conseguente ossessione rigorista sulle leggi di purità. Ma lo vedremo in un prossimo contributo.

Per il carattere divulgativo di questo testo sono stata costretta necessariamente ad essere rapida e sintetica. Le affermazioni qui avanzate possono essere approfondite in molti studi tra i quali segnalo: G. Macy, The Hidden Histery of Womans Ordination. Female Clergy in the Medieval West (Oxford University Press 2007); J. Wijngaards, Women Deacons in the Early Church. Historical Texts and Contemporary Debates (Crossroad 2006); C. Taddei Ferretti, Anche i cagnolini. L’ordinazione delle donne nella Chiesa cattolica (Gabrielli 2014) e per la documentazione, A. Piola, Donna e sacerdozio. Indagine storico-teologica degli aspetti antropologici dell’ordinazione delle donne, Effatà 2006. Segnalo anche il sito del Wijngaards Institute (www.womenpriest.org) portale ricco di documentazione.