Camineiro
Addio Pepe

Josè Alberto Mujica Cordano, meglio noto semplicemente come Pepe Mujica era soprattutto un innamorato della vita. “La vita è piena di ostacoli e fallimenti, però è bellissima”. Questo amava ripetere l’uomo che è morto il 13 maggio scorso e avrebbe compiuto 90 anni pochi giorni dopo (20 maggio). E ancora: “Voglio il progresso materiale, ma voglio, prima di tutto, l’amore per la vita, perché la crescita economica non può essere un fine, deve essere un mezzo”. Degli anni della sua vita ne aveva spesi tanti come guerrigliero partecipando ad azioni pericolosissime e beccandosi anche 6 ferite da arma da fuoco. Poi fu catturato, tenuto in isolamento e torturato brutalmente. Riuscì ad evadere nel 1971 e, tratto di nuovo in arresto dopo un anno, fu “ospitato” in un luogo del carcere militare che era stato appositamente attrezzato per lui, in un sotterraneo ricavato dal braccio di un pozzo. Per il regime era un “rehenes” ovvero un ostaggio che poteva essere fucilato qualora i Tupamaros avessero tentato azioni dannose infliggendo sconfitte sul terreno o uccidendo militari di rango. Tutto questo per 12 lunghissimi anni con conseguenze terribili per la salute. Poi nel 1985 il ritorno alla democrazia segnò anche l’amnistia per i prigionieri politici e il suo impegno nella politica istituzionale che culminò con l’elezione a presidente dell’Uruguay nel 2009. Di Pepe Mujica si potrebbero raccontare moltissime cose e tutte le pagine di un numero di Rocca non potrebbero contenerle. E allora a questo punto ci sembra piuttosto più opportuno di dare la parola direttamente a lui stesso: “La lotta che ci aspetta è molto lunga, sinuosa e complessa. Ma che senso ha la vita se ci tolgono la speranza di sognare un mondo un po’ migliore?”. “Due sono le sfide cruciali della nostra epoca: la redistribuzione della ricchezza e la lotta al cambiamento climatico”. E poi il suo memorabile discorso sulla sobrietà: “…Concetto ben diverso da austerità, termine che avete prostituito in Europa, tagliando tutto e lasciando la gente senza lavoro. Io consumo il necessario ma non accetto lo spreco. Perché quando compro qualcosa non la compro con i soldi, ma con il tempo della mia vita che è servito per guadagnarli. E il tempo della vita è un bene nei confronti del quale bisogna essere avari. Bisogna conservarlo per le cose che ci piacciono e ci motivano. Questo tempo per se stessi io lo chiamo libertà. E se vuoi essere libero devi essere sobrio nei consumi. L’alternativa è farti schiavizzare dal lavoro per permetterti consumi cospicui che però ti tolgono il tempo per vivere… Lo spreco è invece funzionale all’accumulazione capitalista che implica che si compri di continuo magari indebitandosi sino alla morte”. E verso il termine della sua vita: “Il mio piano per il futuro è continuare a fare il possibile per aiutare la mia gente, lavorando insieme ai giovani come semplice militante, perché credo che il miglior dirigente politico sia quello che forma persone di gran lunga migliori di lui. Poiché la causa dello sviluppo umano non si esaurisce mai, ci sono sempre problemi da affrontare e tentare di risolvere con l’impegno collettivo e l’organizzazione. Il compito di ciascuno di noi è migliorare il mondo in cui siamo nati. Il compito di un dirigente politico è quello di lasciare cuori e braccia che lo sostituiscano quando se ne va”. Ad-dio Pepe.