Finalmente Sinodo

Il Sinodo del 1 aprile 2025

Se il processo sinodale che si è avviato tanto a livello di Chiesa universale che di Chiesa italiana riuscisse a cambiare la mentalità del popolo di Dio, a declericalizzare le relazioni, a insegnare a parlarsi con franchezza, a dare corpo all’intuizione conciliare di una Chiesa – popolo di Dio, di un ascolto collegiale e profondo della voce dello Spirito, sarebbe il segno che lo sforzo non è stato vano. Il vero risultato infatti non si conta tanto dai punti di avanzamento su questo o su quel tema, quanto sul cambiamento di mentalità e dalla consapevolezza nuova dell’essere e sentirsi autenticamente comunità in cammino. Il clima che si è respirato il primo di aprile nell’Aula Paolo VI è stato di questo tipo. Dopo le relazioni del giorno precedente di alcuni esponenti della presidenza del Comitato nazionale del Sinodo, di mons. Erio Castellucci e del card. Zuppi, si è passati alle reazioni dei delegati e degli stessi componenti il Comitato. Ed è in quella sede che è avvenuto il passaggio epocale di un cambiamento non di facciata ma di sostanza in cui, con rispetto e altrettanta franchezza, ciascuna e ciascuno ha potuto esprimere le proprie valutazioni sulla formulazione delle Proposizioni. Si trattava di un testo che seguiva i Lineamenti e lo Strumento di lavoro – come da regolamento – e ci si aspettava che ne rappresentasse una sorta di distillato anche in considerazione del sudore che erano costati quattro anni di cammino tanto a livello locale delle diocesi quanto sul piano nazionale. E invece, senza una spiegazione plausibile, ci si è ritrovati tra le mani un tessuto ristretto e scolorito da un candeggio sbagliato. Il fatto positivo consisteva proprio nella considerazione diffusa che non si era trattato di un’azione censoria perché non era quello lo stile con cui si era camminato e soprattutto per la fiducia e la stima di cui gode il presidente del Comitato sinodale, mons. Erio Castellucci che ne era il primo responsabile. Per lui parlano gli scritti, le riflessioni, la forma con cui vive la sua prassi pastorale nelle Chiese di Modena e Carpi, a suo favore c’è un pensiero teologico espresso in numerosi scritti e nell’insegnamento delle discipline teologiche, di lui si apprezza il tratto umano e la sua apertura che tra l’altro gli è costata anche una denuncia – udite udite! – per vilipendio alla religione cattolica da parte di alcuni membri di associazioni tradizionaliste, a seguito della mostra Gratia plena inaugurata a novembre scorso a Modena, in cui alcuni dipinti raffiguranti la Vergine Maria erano stati ritenuti blasfemi. Soltanto lo scorso mese di marzo la Procura competente ha archiviato la denuncia non ravvisando il reato. Ma a questo punto poco importa conoscere le ragioni del candeggio malriuscito ed è piuttosto da considerare quanto tutte e tutti (vescovi, laici, religiosi e preti) si siano sentiti incalzati dallo Spirito di cui si sono realmente posti in ascolto e abbiano deciso – pressoché all’unanimità – di prolungare il cammino intrapreso fino all’Assemblea della Cei di novembre con un nuovo appuntamento assembleare il 25 ottobre. Un segnale nuovo, un fatto inedito, tutt’altro che una sconfitta: un punto di grande avanzamento dell’essere Chiesa tra la gente, in questo tempo nuovo, in Italia.