Femminile plurale
A scuola di Trap
Francesca Zerman è una docente di italiano speciale. Insegna a scuola da vari decenni e oltre ad essere una competente storica e femminista, condivide con me tante ore di nuoto, la passione per la Scuola e per il nostro lavoro di docenza. Francesca insegna Lettere in un Istituto Tecnico, dove è anche vicepreside, e propone metodi originali di approccio alle materie. Quest’anno – nell’ambito dell’analisi del testo poetico – è stata ingaggiata dai suoi stessi studenti ad approfondire la “loro” musica. Lei ha accettato con gioia questa sfida, anche per poter comprendere meglio il loro vissuto. Un giorno si è presentata in piscina con una lista di canzoni di musica Rap e Trap. Insomma, doveva fare i suoi compiti a casa, ascoltando le canzoni suggeritele dai suoi studenti, comprese quelle considerate “Trappissimo”. Così in acqua, durante i momenti di “tavoletta”, mi ha condiviso le sue riflessioni. Troppo interessanti per non diffonderle. Ecco come è nata questa intervista.
Francesca, i tuoi studenti della quinta classe ti hanno chiesto di ascoltare la loro musica preferita. Cosa ne hai tratto?
È stato molto interessante e mi ha condotta a una riflessione che va oltre il superficiale giudizio. Anzitutto mi sono accorta che le “barre” trasudano sofferenza. I temi ricorrenti sono la solitudine e il dolore affettivo che sembra dovuto in particolare ad una assenza dei padri. In generale i testi fanno riferimento a famiglie spezzate e alla mancanza di esempi di amore. Ma anche l’amicizia tra pari, quella che spesso chiamano “la family” non è tanto un modello di famiglia queer, come diremmo noi oggi, perché tali amicizie sono spesso brevi e facilmente tradite. Anche i loro progetti e i loro sogni sono raccontati come dei fallimenti. Insomma un vissuto di grande sofferenza e solitudine.
Perché secondo te ai giovani piace questo tipo di musica?
Certamente non per la musica, perché non ce n’è. E nemmeno per il fascino delle rime, spesso false o assenti. Sono piuttosto – così mi hanno detto – trascinati, anzi ipnotizzati, dal bit e dal flow. Una musica fatta in cameretta, con i sintetizzatori che però “trascina”, obnubila. Direi quindi che sono proprio i mood emotivi quelli in cui i ragazzi si riconoscono. Gli adolescenti si sentono rappresentati dalla sofferenza messa in testo. Una sofferenza che cerca soluzione nella “family”, cioè l’amicizia tra pari, che però come ho detto, è fragile, oppure nello sballo, trovato nella spinta che dà la cocaina ma preferibilmente nell’obnubilamento lieve, ma efficace, delle droghe leggere.
La musica rap e trap è spesso stata sotto accusa per il modo in cui presenta l’immagine delle donne. Sono canzoni pericolose?
C’è una visione delle donne su due livelli: da una parte le ragazze sono rappresentate come fragili, spesso proprio per l’assenza dei loro padri, assenza e sofferenza che il ragazzo intende colmare in prima persona. Dall’altra, sono viste, eccezion fatta per le madri, alla stregua di brillanti da esibire o di auto grosse da far rombare; insomma oggetti, belli da rubare perfino all’amico, che poco prima faceva parte del branco, all’altro, l’avversario in potere e amore. Tra i rapper la donna è spesso oggetto dei dissing. Il corpo delle donne viene considerato un’estensione di dominio (un po’ come accade con gli stupri di guerra).
Le donne seduttrici non sono descritte come potenti (come potevano essere Circe o Cleopatra), piuttosto il soggetto maschio appare certo di poterle tenere a bada proprio offrendo loro performance sessuali da (supposti) maschi alfa. Il rapper sottolinea spesso che la donna dell’altro impazzirà con lui di un desiderio mai conosciuto prima. Ovviamente si torna a parlare spesso di dimensioni…
Altro discorso va fatto per le madri: queste sono sempre figure importanti e di riferimento, rispettate più delle compagne. La fatica e il sacrificio fatto dalle madri per la famiglia hanno come corrispettivo il dovere di fare soldi con l’obiettivo di farle stare meglio. Tuttavia a queste madri occorre tenere nascoste le spese per i vestiti o per la droga: sarebbe un affronto troppo grande.
Sono pericolose? Beh, le parole che ascoltiamo formano il nostro immaginario mentale e simbolico e questo non è senza impatto sulle azioni.
C’è un problema di genere più vasto?
Ci sono alcune rapper emergenti come Eva Rea, Baby K. Le ho ascoltate e lette e ci trovo almeno il tentativo di rompere gli stereotipi di genere. Ma si sa, come in America, il successo nel rap lo fanno i maschi. Per tutte queste artiste, comunque, il maschilismo è un bersaglio: qualcuna colpisce in modo efficace, altre meno. Sconcerta però il fatto che le ragazze le ascoltino poco.
La violenza non è certo il prodotto della trap: che cosa ci dice questa musica su come i giovani vedono gli adulti?
I valori esaltati e da perseguire sono quelli della ricchezza ottenuta senza impegno e sforzo, auto grosse, brillanti e gioielli, soldi e fama. Credo che la Trap sfidi non tanto noi adulti a leggere i giovani, ma dica molto su come i giovani vedano questo mondo degli adulti. Mi sembra ne emerga una denuncia. Forse dobbiamo chiederci se, al di là della patina che mettiamo alle nostre vite che sembrano “normali” e felici e piene di successo, i valori che le nuove generazioni sintetizzano e filtrano dalla cultura che stiamo trasmettendo loro, in fondo non siano che violenza, sopraffazione e vuoto.
Mi pare di capire che abbiamo ancora tanto lavoro da fare.
1. Come femministe, perché Il patriarcato filtra comunque come cultura da questa Europa di pari opportunità: le donne sono ancora sottomesse e da sottomettere, nonostante e anzi grazie alla raggiunta libertà sessuale delle donne; il ruolo maschile è definito con codici di assenza, potenza sessuale, presunta protezione e violenza; le donne divise in donneperbene (mamme) e pocodibuono (praticamente tutte le altre) descritte come deboli e come estensione del proprio io.
2. Come scuola, perché non c’è abbastanza coraggio per attivare corsi dove insegnare diversi modelli di relazione, diversi modi di essere maschi, dove ascoltare parole altre per accompagnare, codificare e introdurre nel misterioso (e pauroso) mondo della sessualità; perché preferiamo lasciare soli i ragazzi e le ragazze con le immagini e i video porno, che hanno raggiunto questi ragazzi da anni, piuttosto che ingaggiarli in un dialogo sfidante.
3. Come adulti, perché proponiamo modelli di vita e di successo dove le ricchezze e il denaro raggiungono quote incomprensibili o comprensibili forse solo ai danni degli altri (i più); ottenute tramite modalità poco trasparenti e spesso tutt’altro che oneste; dove si premiano modelli di successo impunibili, facendo girare quote assurde attorno al mondo del calcio e si regalano racchette d’oro a chi si dedica ad uno sport, mentre professioni quali quelle dei docenti, infermieri o medici vengono mantenute a livelli minimi di rischio povertà (è l’esito della recente analisi Istat) e sottoposti a pressioni burocratiche e lavorative insostenibili.
Insomma, evidentemente non trasmettiamo più il senso che una passione e un’amicizia possono dare alle nostre vite, al di là di quello che ci guadagniamo… e noi questo lo sappiamo bene, vero Francesca?