Ma la notte…

Illustrazione di Dianella Fabbri

In pace mi coricherò

e in pace dormirò,

perché tu solo,

o Signore, mi fai

abitare al sicuro.

(Salmo 4,8)

Lidia: la notte è un simbolo potente, in grado di dar voce ad esperienze concrete, a sentimenti e pensieri. È metafora pervasiva, che sconfina e penetra nel mondo diurno, che acceca con i demoni meridiani: la notte anche di giorno! È memoria di quelle tenebre che, in principio, avvolgevano la terra, senza l’argine della luce, padrone assolute della realtà. Quelle tenebre non sono state tolte ma solo delimitate, impedite ad occupare l’intero spazio della creazione. Rimangono e noi facciamo continuamente esperienza di questa presenza perturbante. La affrontiamo con timore e tremore ed anche con l’abilità del domatore, che addomestica le belve feroci. Di fatto, per gli umani la notte non è solo il momento spaventoso della perdita della luce; è anche lo spazio della quiete, l’occasione della riflessione.

Angelo: di questa felice ambiguità ci ha parlato il Salmo 3 e su un medesimo orizzonte si colloca il Salmo 4. La notte dice l’assenza di luce e, insieme, la possibilità di fermarsi a pensare. Ora, però, non è più Davide ad affrontare nella notte i conflitti familiari, dormendoci sopra. Ora sono i nemici dell’orante ad essere invitati a fermarsi, tacere e riflettere sui propri letti. L’invito viene formulato da una persona esasperata dalla situazione: «fino a quando?». Quasi un ritornello del libro dei Salmi. Un pugnale che ferisce la carne che vive nel tempo. Facile il fermo immagine sulla scena del dolore e della salvezza. Ma la vita umana raramente si risolve in attimi. Perlopiù affronta stagioni, tempi lunghi, che esasperano il dolore subito e allontanano la salvezza desiderata. Anche chi ha sperimentato una precedente liberazione dal pericolo, ecco che successivamente torna a gridare, cerca ulteriori risposte.

Lidia: da quale esperienza sorge l’invito a riflettere rivolto ai propri persecutori? Il salmo evoca una situazione in cui la vanità di alcuni, accompagnata dalla menzogna, calpesta la dignità di altri. Il conflitto origina dal dar seguito ad un desiderio perverso che domanda il sacrificio dell’altro e fa carte false pur di sgombrare il campo dall’antagonista. L’inimicizia appare irriducibile: la vita dell’uno comporta la morte dell’altro. Gli schieramenti sembrano ben delineati: l’orante, scelto dal Signore e i suoi oppositori. Dunque, come si fa a pensare che questi ultimi possano cambiare atteggiamento? Non è ingenuo auspicare che i nemici possano prendere coscienza delle loro scelte ingiuste facendo silenzio e ragionando sulle loro opere, mentre sono a letto, nel cuore della notte? Invece che ripensare con soddisfazione l’umiliazione inflitta all’orante, dovrebbero pentirsi del loro operato? Può essere sufficiente la meditazione notturna per smettere quella parvenza religiosa che assolve i riti senza mettere in discussione il proprio vissuto? Come si arriva a decidersi di compiere «sacrifici di giustizia»? Come si giunge a confidare veramente nel Signore?

Angelo: nella notte i desideri si confondono con la realtà, e la vita sembra ritrovare un suo ordine. Nella solitudine del proprio giaciglio, quando le altre voci tacciono, si prova a sistemare le cose, a far tornare i conti. Poi, col sorgere del nuovo giorno, tornano in scena i conflitti che sbaragliano quei pensieri notturni. Però, non sono solo all’insegna dell’ingenuità le parole dell’orante. Le sue considerazioni, che diventano preghiera, sorgono da una riflessione su cosa sia bene. Il desiderio che accomuna ogni vivente è quello della felicità. Ma in cosa consiste? Come la si raggiunge? Sono molti a chiederselo. Per l’orante la fede si misura sul grado di gioia che sa suscitare. Qui sta il criterio delle proprie scelte. Ed è a partire dalla domanda sulla felicità che invita i suoi nemici ad interrogarsi. Sarà pure un’idea ingenua, ma affronta l’interrogativo chiave dell’esistenza. Lui non teme di essere deriso per la sua fede, dal momento che ha fatto l’esperienza luminosa di una gioia che nasce dall’incontro col volto di Dio. Lui, la felicità, l’ha trovata. Per questo, nella notte, nonostante tutto, può riposare tranquillo.