Luci e ombre

Illustrazione di Dianella Fabbri

Il SIGNORE è la mia luce e la mia salvezza

di chi temerò?

Se infuriasse la battaglia contro di me,

anche allora sarei fiducioso…

Il mio cuore mi dice da parte tua:

«Cercate il mio volto!».

Io cerco il tuo volto, o SIGNORE…

Tu sei stato il mio aiuto;

non lasciarmi, non abbandonarmi,

o Dio della mia salvezza!…

Ah, se non avessi avuto fede di veder

la bontà del SIGNORE

sulla terra dei viventi!

Spera nel SIGNORE!

Sii forte, il tuo cuore si rinfranchi…

(Salmo 27)

Angelo: mi affascina l’accostamento di sentimenti opposti nel Libro dei Salmi. A volte emerge tra le righe; altre, come qui, in modo esplicito. Per prima, prende la parola la fiducia di chi sa che non è solo nell’affrontare le battaglie della vita, poiché il Signore è con lui; poi, sopravviene l’angoscia per la sua lontananza, per un volto che si sottrae agli occhi che lo cercano, mitigata dalla speranza che in futuro quel Dio che si nasconde tornerà a farsi vedere. Una polifonia di voci che non obbedisce al registro unico della visione a tutto tondo della realtà. Viviamo esperienze differenti e siamo abitati da sentimenti misti. La vita umana non ha un andamento lineare, logico. E dunque, anche la relazione con Dio avviene in questo terreno sdrucciolevole, fatto di continue deviazioni.

Lidia: il passaggio è brusco: dal canto di lode, che scaturisce dal sentire Dio come luce, salvezza, baluardo, casa (vv. 1-6), all’invocazione angosciata di chi ne patisce l’assenza, sentendosi respinto e abbandonato, lasciato solo in balìa dei nemici (vv. 7ss). Non si dà voce solo alla pluralità delle situazioni in cui ci veniamo a trovare ma anche allo sconcerto per la velocità con cui passiamo da uno stato emotivo ad un altro. Una volubilità che noi attribuiamo alla complessità del nostro quadro sociale, alla velocità a cui siamo sottoposti; ma che il salmista – vissuto in un contesto sicuramente più semplice e lento – ci consegna come propria della condizione umana di sempre. Certo, oggi assistiamo ad un’accelerazione che ci spaventa: passaggi bruschi che avvengono nell’arco di poche ore, relazioni che non tengono, appartenenze che saltano e il disorientamento è grande.

Angelo: ne fa le spese persino la fede? Non spetta alla religione offrire un porto sicuro? Un «ideologia rassicurante», un punto fermo in un mondo soggetto ad un movimento folle? Sottratta al cambiamento continuo, la fede viene vista come unica certezza in un mondo che si sgretola. Ma Dio non è una pietra immutabile né una polizza assicurativa. La relazione con il Dio della vita è aperta al paesaggio che muta, con i suoi giorni buoni e quelli cattivi. Il Dio biblico non teme di affrontare una storia che espone a sempre nuovi scenari. Lui conosce il cuore umano con le sue tentazioni: la rimozione di ciò che è fuori controllo, il bisogno di essere rassicurato, la fuga da una libertà troppo impegnativa. Lo conosce e lo interpella perché non ceda alla semplificazione, in questa storia complessa.

Lidia: La percezione mutabile di Dio, il passaggio dalla fiducia all’angoscia, non vogliono mettere in scena un Dio capriccioso che si sottrae a suo piacimento al credente. Anche questa immagine è un idolo. In una relazione dove l’altro è sempre imprevedibile si cade nell’angoscia, col desiderio di sottrarsi a un simile legame. Lo sanno bene quei bambini in ostaggio di adulti lunatici: vorrebbero solo scappare dagli sbalzi di umore dei genitori; si rendono invisibili per sottrarsi alla furia dell’altro. Non è questo il caso. L’orante non è spaventato dalla presenza di un Dio ambiguo. Non ha affatto paura dal momento che vive quella presenza. L’angoscia lo assale, invece, quando non ne scorge più il volto e sospetta di essere stato lasciato. È allora che l’assenza deve essere colmata da una fede adulta, radicata nella fiducia primaria di chi ha ricevuto l’abbraccio originario di Dio. Quell’imprinting non verrà mai meno, anche quando giungeranno giorni difficili e, per uscire dal panico, bisognerà ricordare che niente e nessuno potranno separarci da Dio, nemmeno le angosce infantili d’abbandono: anche se mio padre e mia madre mi abbandonano, il Signore mi accoglie.

Angelo: i sentimenti misti ci interrogano sull’immagine che ci facciamo di Dio. E, insieme, sulla nostra umanità: sul nostro modo di abitare la terra e vivere con fede. Donne e uomini che coltivano la fiducia e non tacciono l’angoscia. Che sanno percepire «vere presenze» e fanno fronte ai vuoti, continuando a cercare. La vita si misura sulla fede e sulla speranza. Che non sono modi per schivare la realtà, ma scelte per scavare nell’ambiguità della vita. Un modo di stare al mondo in un quadro sempre in movimento, nel quale non siamo costretti ad essere amebe ma possiamo divenire umani, a immagine di quel Dio che dice: Sono io soltanto un Dio da vicino e non un Dio da lontano? (Ger. 23,23). Siamo capaci di gioire per la presenza e affrontare il dolore dell’assenza, con una medesima forza del cuore?