Il grido e il volto
O SIGNORE, ascolta ciò che è giusto, sii attento al mio grido.
Abbi cura di me come la pupilla dell’occhio,
nascondimi, all’ombra delle tue ali,
dagli empi che vogliono la mia rovina,
dai nemici mortali che mi circondano.
Il mio nemico sembra un leone che voglia sbranare la preda,
un leoncello che sta in agguato nei nascondigli.
Ergiti, o SIGNORE, affrontalo,
abbattilo;
liberami dall’empio con la tua spada.
Quanto a me, per la mia giustizia,
contemplerò il tuo volto;
mi sazierò, al mio risveglio, della tua presenza.
(Salmo 17)
Angelo: In questo salmo l’eco di parole già udite nelle composizioni che lo precedono. Nel progredire del percorso, per dare voce ai diversi momenti dell’esistenza, permangono come dei ritornelli, una costellazione che accompagna l’inafferrabile errare umano sulla terra. Nella polifonia del Salterio emerge il canto fermo dell’umano di sempre, che trova espressioni differenti nelle varie stagioni delle biografie e della storia. Penso al grido iniziale, che compare in scena fin dall’inizio del libro dei Salmi. Nel Salmo 3 è un’invocazione certa di essere ascoltata: Con la mia voce io grido al SIGNORE, ed egli mi risponde dal suo monte santo. Nel Salmo 4, la certezza dell’essere stato ascoltato nel passato convive con l’incertezza del presente: Quando io grido, rispondimi, o Dio della mia giustizia; quando ero in pericolo, tu m’hai liberato; abbi pietà di me ed esaudisci la mia preghiera! Tra certezza e inquietudine, il grido compare anche nei salmi successivi. Nel salmo 12 è Dio stesso a legare la sua presenza al grido: «Per l’oppressione dei miseri, per il grido d’angoscia dei bisognosi, ora mi ergerò», dice il SIGNORE, «e darò la salvezza a chi la brama».
Lidia: e quando Dio tarda ad ergersi, l’orante lo richiama con parole imperative: Ergiti, o SIGNORE: che Dio si alzi ed intervenga contro quel nemico che sembra un leone che voglia sbranare la preda. Quella del nemico è una presenza costante. L’esistenza è segnata dal conflitto. E nel Salterio si dà voce a tutta la gamma di reazioni di fronte a questa pietra d’inciampo, che sbarra la strada. Senza censura alcuna, ecco sfilare davanti ai nostri occhi sentimenti di rabbia o di sconforto, pensieri di resistenza o di resa, invocazioni e provocazioni. Nel nostro salmo l’avversario è l’empio, colui che non è giusto e che non tollera la giustizia altrui, sentendola come accusatoria del proprio stato di vita. Senza sfumature o zone grigie, dalla bocca dell’orante escono parole che esprimono la separazione tra la giustizia e l’empietà, descritte come portatrici di due antropologie opposte: cuore, bocca, piedi, ventre, occhi seguono strade alternative. Le une cercano riparo all’ombra delle ali divine, custodite dalle sue palpebre; le altre, quelle degli uomini di mondo, confidano unicamente nelle ricchezze. Un’antropologia dei beni, afferrati avidamente, contrapposta ad un’antropologia dei volti, che si sazia di presenze.
Angelo: il desiderio del volto, di qualcuno che si volge, guarda, ascolta. Anche questo desiderio l’abbiamo già incontrato e lo troveremo lungo tutto il percorso. Di fronte al grido, Dio non può comparire come l’Essere trascendente, il Fondamento ultimo. Nel Salmo 11 l’orante grida: Quando le fondamenta sono rovinate, che cosa può fare il giusto? E Dio, cosa può fare? Schiodato dal grido, può solo volgersi, udire, vedere, adirarsi, muoversi, intervenire. Al cospetto del grido, Dio può essere detto solo con un linguaggio antropomorfico o, più precisamente, antropopatico, che strappi il divino all’impassibilità e lo mostri sensibile alla sofferenza degli umani. Lidia: sì, il Dio del libro dei Salmi è un Dio sensibile ai sospiri, come nel Salmo 5. Un Dio attento al grido, che inclina l’orecchio, muove le pupille a scrutare i figli degli uomini. In un mondo abitato da cuori duri, occhi che spiano, bocche arroganti che sbranano, ventri mai sazi, Dio è presenza altra, volto che risplende, mani che liberano, ali che riparano. Ma quando nasconde il suo volto, la scena viene occupata solo dal male e chi ne è vittima si sente senza scampo. Allora, si diventa solo un grido strozzato, senza interlocutore. Saprà ancora raccoglierlo Dio, come ha fatto con i nostri padri e le nostre madri, oppressi in Egitto? I ritornelli che fanno da sfondo alle diverse scene esprimono quanto accomuna gli umani ma non sono un copione prestabilito. La parola è dialogica, non assertiva. Per questo i Salmi continuano ad interpellarci.