Fuggitivi
O SIGNORE, quanto
sono numerosi i
miei nemici!
Molti quelli che dicono
di me: «Non
c’è più salvezza per
lui presso Dio!».
Salmo 3
Angelo: Varcata la soglia d’ingresso, con i pilastri dei due Salmi iniziali, ci troviamo all’interno di una costruzione articolata in cinque stanze, collegate tra loro. A dispetto della prima sensazione di una raccolta antologica, di testi giustapposti, l’uno accanto all’altro, iniziamo a percepire il senso di un percorso. Proseguendo nel cammino, si farà sempre più chiara l’idea di un itinerario in tappe, corrispondenti alle diverse ore del giorno, alle differenti stagioni della vita e alle molte esperienze spirituali. Certo, si può anche procedere a caso, ma al prezzo di perdere la visione d’insieme, il senso del progetto che è all’origine della casa dei Salmi, con tanto di cartello a segnalarci: voi siete qui.
Lidia: Dove siamo col Salmo 3? Stiamo muovendo i primi passi e dunque siamo alle battute iniziali del libro, all’inizio della giornata, quando compare la prima stella. L’inizio è notturno, faticoso, come suggerisce la sovrascritta, ovvero la frase in corsivo che precede il salmo vero e proprio: Salmo di Davide, composto quand’egli fuggiva davanti ad Absalom, suo figlio.
L’orante che eleva la sua voce a Dio nel bisogno è prima di tutto un fuggiasco, un uomo braccato dal suo nemico. Un nemico che conosce bene, perché non viene da lontano: è parte della sua stessa famiglia.
Angelo: Un segnale che la preghiera biblica non è tanto quella del pio devoto e nemmeno esclusivamente della vittima oppressa ingiustamente. Piuttosto, ha il suono di chi, pur vivendo le fatiche delle proprie zone d’ombra, non rinuncia a Dio, al volersi sentire accompagnato da chi può sostenerlo, anche quando non ha tutte le carte in regola per reclamare, come Giobbe, la propria innocenza. I Salmi parlano il linguaggio della vita mettendo in scena attori che sono abitati da sentimenti contraddittori, che conoscono il male, agito e subìto. Non è un caso che molte di queste composizioni poetiche siano attribuite alla figura del re Davide, personaggio ambiguo, complesso. Affascinante e contraddittorio. Vittima e colpevole, allo stesso tempo.
Lidia: Davide ha sperimentato il caos degli affetti; e la sua famiglia viene descritta in tutta la sua problematicità. Il figlio Assalonne, a cui si fa qui riferimento, dopo aver ucciso il fratello Amnon, colpevole di aver violentato la sorella Dina, fugge e vive in esilio per alcuni anni, prima di ritornare, ricucire i rapporti con padre e, subito dopo, ordire una congiura, autoproclamandosi lui stesso re d’Israele. Davide deve fuggire e le ostilità avranno fine solo con l’uccisione di Assalonne, a lungo pianto dal padre.
Dunque, il punto di partenza è dato dalla condizione di chi è fuggitivo perché vive una situazione domestica insostenibile e minacciosa. Di chi sperimenta che il nemico abita in casa. Un tema che il libro dei Salmi riprenderà anche in seguito. È il tradimento più difficile da accettare perché fatto da chi non ci si aspetta. Ci si sente pugnalati alle spalle!
Sappiamo che i conflitti sono ingrediente fisso della vita. Ma viverli tra gli affetti più intimi significa sperimentare il tradimento del carattere promettente della vita. È esperienza che mina alla base la fiducia nelle persone, che mette in discussione la bontà delle relazioni.
Angelo: Difficile pensare un punto di partenza più faticoso, tutto in salita. Qui il cammino è all’insegna di uno sperare contro speranza. L’evidenza è quella riassunta nel giudizio: «Non c’è più salvezza per lui presso Dio!». Eppure, l’orante osa opporre alla situazione il grido e la fiducia. Ma perché la fiducia agisca, il fuggiasco non può limitarsi a rivestirsi di Dio come scudo e corazza: deve, a sua volta, riconoscere che, nei conflitti affettivi, le cose hanno contorni confusi, come lo sguardo nel buio della notte. La giustizia non sta tutta dalla parte della presunta vittima. Occorre tempo per capirlo. Dormirci sopra può non essere rimozione; qualche volta è una sana strategia per affrontare le cose con più lucidità, avendo messo tra gli eventi e le reazioni un po’ di distanza: «Io mi sono coricato e ho dormito, poi mi sono risvegliato, perché il Signore mi sostiene».
Lidia: Ecco perché, in conclusione, chi prega chiede a Dio di ergersi, di schiaffeggiare il volto e spezzare i denti degli stolti. Retata punitiva contro chi ci fa del male? O non, piuttosto, un modo per disarmare quelle relazioni che ci sbranano? Quando una relazione malata ci fa a brandelli, una volta disarmata, può tornare a ritrovare il linguaggio sano dell’intimità. Il morso si trasforma in bacio. Il fuggiasco torna a sentirsi a casa. Una salvezza possibile per chi è ferito negli affetti e desidera solo fuggire.