Cuori sazi d’amore
Proteggimi, o Dio, perché io confido in te.
Ho detto a Dio: «Tu sei il mio Signore;
non ho bene alcuno all’infuori di te».Il SIGNORE è la mia parte di eredità e il mio calice;
La sorte mi ha assegnato luoghi deliziosi;
una bella eredità mi è toccata!Benedirò il SIGNORE che mi consiglia;
anche il mio cuore mi istruisce di notte.(Salmo 16)
Angelo: «perché era lui, perché ero io»! Questo salmo mi evoca le parole con cui Montaigne esprime il motivo della sua amicizia con Étienne de La Boétie. Un linguaggio affettivo, che si sottrae alla logica del dimostrare argomentando. È la lingua dell’innamoramento, di chi ha trovato il bene che cercava e questo gli basta. Il linguaggio del bambino che nella madre trova racchiuso l’intero mondo. Solo che qui, a parlarlo, non è un bambino: è un adulto che sperimenta una seconda innocenza. Un adulto che conosce la complessità del mondo, che sa che esistono una molteplicità di dèi, che il bene può essere declinato in un’infinità di modi. Sa tutto questo ma la consapevolezza critica non frena l’entusiasmo per aver incontrato il bene in un volto, quello del Dio d’Israele.
Lidia: sono parole forti, da capogiro, quelle che sentiamo dalla bocca del salmista. Un linguaggio intimo, che risuona ad alta voce, udibile anche da orecchie estranee. È la lingua del Cantico dei cantici, giocata però più che sul registro amoroso sul simbolismo economico. Esiste – per quanto ciò possa suonarci strano – un erotismo che si esprime con linguaggio economico. Che non coincide, certo, con la scena patologica dell’attaccamento morboso al denaro. Questa è la parodia dell’eros, dettata dalla paura; una fiducia nei beni accumulati, strappati dalla relazione con il donatore. Diversa l’esperienza del desiderio saziato da una «bella eredità», piena di delizie, che consiste nella presenza dell’amato: è lui la mia parte d’eredità.
Angelo: in effetti, ai nostri orecchi suona come un cortocircuito questa sovrapposizione tra la lingua degli affetti e quella dell’economia, tra i beni relazionali e quelli monetari. Per noi vi è una divaricazione tra il dono della madre – il matrimonio – e quello del padre – il patrimonio. Per molti versi, si tratta di due logiche opposte: la fiducia affettiva e il credito monetario, Dio e mammona. Ma i protocolli si mischiano nel linguaggio dell’innamoramento. Saltano i confini. Salta la distinzione tra giorno e notte: «anche di notte il mio cuore mi istruisce». Salta l’opposizione tra vita e morte: «non permetterai che subisca la decomposizione… poiché Tu m’insegni la via della vita». Tutto viene visto nell’unico orizzonte dell’entusiasmo per il bene inaspettatamente trovato in Dio.
Lidia: eppure, anche l’innamoramento non è in grado di evitare quelle dicotomie che inquietano l’esistenza umana. La gioia sicura ed entusiasta del salmista per aver trovato in Dio il bene sta insieme all’invocazione iniziale: «Proteggimi, o Dio». È sazio ed è bisognoso, allo stesso tempo. La passione è un fuoco che consuma ogni differenza; ma anche lei, quando si distende in una storia, fa i conti con sentimenti opposti, di fiducia e di paura. Con Dio noi abbiamo una storia. Ed il fuoco che è venuto a portare sulla terra è simile a quello di cui ha fatto esperienza Mosè: brucia ma senza consumare quell’intrico di rami differenti di cui è fatto il cespuglio della nostra esistenza. Angelo: però brucia! Senza indulgere alle semplificazioni, come non apprezzare questo linguaggio, così raro ai nostri giorni! Messa da parte ogni preoccupazione per la correttezza, svincolati dal calcolo della pianificazione, gli oranti dei Salmi mostra[1]no un’umanità che non ha perso il cuore. Un’umanità che crede nella vita e nel bene a cui è destinata. Un’umanità che va a scuola anche di notte, che non irride i sogni e, al pari di Dio, indica a noi la via della vita. Un insegnamento per nulla tecnico, che parla la lingua dei fini, dei desideri profondi. Come suggerisce Saint Exupéry: «Se vuoi costruire una barca, non radunare uomini per tagliare legna, dividere i compiti e impartire ordini, ma insegna loro la nostalgia per il mare vasto e infinito». Forse, oggi, dobbiamo invocare la protezione divina per non cadere nella trappola di quel pensiero strumentale che non conosce