Come un albero
1 Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi,
non resta nella via dei peccatori
e non siede in compagnia degli arroganti,
2 ma nella legge del Signore trova la sua gioia,
la sua legge medita giorno e notte.
3 È come albero piantato lungo corsi d’acqua,
che dà frutto a suo tempo:
le sue foglie non appassiscono
e tutto quello che fa, riesce bene.
4 Non così, non così i malvagi,
ma come pula che il vento disperde;
5 perciò non si alzeranno i malvagi nel giudizio
né i peccatori nell’assemblea dei giusti,
6 poiché il Signore veglia sul cammino dei giusti,
mentre la via dei malvagi va in rovina.(Salmo 1)
Angelo: M’introduco nell’affascinante mondo dei Salmi accompagnato dalle parole di André Chouraqui: «Noi nasciamo con questo libro nelle viscere. Un librettino: centocinquanta poesie, centocinquanta gradini eretti tra la morte e la vita; centocinquanta specchi delle nostre rivolte e delle nostre fedeltà, delle nostre agonie e delle nostre risurrezioni. Più che un libro, un essere vivente che parla, che ti parla, che soffre, che geme e che muore, che risorge e canta, sul limitare dell’eternità – e ti prende, e trascina te e i secoli dei secoli, dall’inizio alla fine… Nasconde un mistero, perché le età non cessino di ritornare a questo canto, di purificarsi a questa sorgente, di interrogare ogni versetto, ogni parola dell’antica preghiera, come se i suoi ritmi scandissero la pulsazione dei mondi».
Partiamo, dunque. Il primo gradino è una soglia. Entri e subito sali. Ascesa ripida, impervia, che toglie il fiato: È beato chi… (Salmo 1,1). Non è un azzardo promettere felicità, farne la prima parola? È un’ingenuità o una studiata seduzione? Il mio piede vacilla, incerto se inoltrarsi lungo questa ripida scala. Mi rassicura lo specchio d’ingresso, che mi restituisce l’intera mia immagine. Una volta rispecchiati, è impossibile sentire quella prima parola come semplice slogan, esca per attirare nell’ennesima casa degli inganni. Lo specchio fissa una storia di empi, peccatori e schernitori, una scena dominata dalla nera presenza di personaggi che si fanno beffe del desiderio di felicità. Non si tratta, dunque, di un mondo dietro il mondo, di uno scenario fittizio, con scala di cartapesta. Decido di entrare.
Lidia: La felicità richiederà un lungo cammino, una fedeltà al progetto, ascolto costante e continuativo: giorno e notte. È così che ci si radica nella vita buona, fino a scoprirsi albero rigoglioso. Occorre, poi, attendere la giusta stagione perché questi dia il suo frutto! La strada per la felicità non è lineare, non è sgombra da pericoli e false fascinazioni: il salmo ce le racconta in un crescendo di rischio. Il male ha il volto delle amicizie che decidiamo di frequentare: empi, schernitori, peccatori. Lo scorgiamo da lontano, gli andiamo incontro, gli passiamo accanto; e invece di cambiare strada, ci facciamo prossimi a lui e ci fermiamo ad ascoltare i suoi consigli astuti. Infine, senza accorgercene, ne diventiamo complici, in una comunione sempre più profonda, ci sediamo alla sua mensa. Ci nutriamo con il suo pane ingiusto. Dunque, non solo il cammino verso la felicità si gioca sui tempi lunghi e sulla disciplina, ma anche la seduzione del male arriva in un crescendo di sempre maggiore intimità: lo incontri, ti fermi, ti siedi e la vita buona svanisce dal tuo orizzonte.
Angelo: Cosa ne abbiamo fatto del desiderio di una vita buona, realizzata? L’idea stessa di felicità ci appare infelice, costretta nello spazio angusto di un sentire volubile, in balìa di imprevedibili sbalzi d’umore. Un sentimento privato, che ha perso il mondo. Sarà come un albero…, osa dire il salmo. Che immagine preziosa, capace di farci recuperare il legame con la comunità dei viventi, con quel mondo dalle ampiezze cosmiche. La felicità che compare come parola prima, miniatura che racchiude l’intero Salterio, ha la forma del mondo buono, desiderato da Dio. Il singolo umano, che si affaccia sulla soglia del libro dei Salmi, è radicato nella terra, è alimentato dalle acque dei ruscelli, è inserito nel corso delle stagioni. Ed è questa solidarietà con il creato che rende la sua esistenza fruttuosa, la sua vita sempreverde.
Lidia: È un mondo sottosopra quello biblico, dove ciò che reputiamo fragile resiste e quello che ci appare vincente si disperde. Entrare nel salterio significa educare lo sguardo a un altro punto di vista. I malvagi che ci sembrano inamovibili li scopriremo pula, scarti del grano, dispersi dal vento. Mentre saranno proprio quei timidi germogli di cura quotidiana, che non si rassegnano al saccheggio dei prepotenti, a far crescere foreste di giustizia, che daranno frutti di felicità. Vedremo come molti salmi rievochino la storia della salvezza, di cui ha fatto esperienza Israele. Accanto ad essa, c’è anche una geografia della salvezza, fatta di nomi di città e di paesaggi naturali: fiumi, monti, campi, mari, alberi… Paesaggi dell’anima, che ricerca la felicità abitando il creato con fiducia, custodendo e coltivando il giardino, in cui anche l’umano può finalmente sbocciare.