Il conforto del Giubileo

Fede

Paglia

Vincenzo Paglia
Il Primo Giorno di un Mondo Nuovo
Il libro del Giubileo
Raffaello Cortina editore, 2025, pp. 192
€ 14

Per i caratteri di Raffaello Cortina, è stato recentemente pubblicata l’ultima fatica di Monsignor Paglia.

Pubblicazioni relative alla solenne occasione, in libreria ve ne sono diverse. A grandi linee, diciamo che vengono percorse due strade principali, sia pure con variabili.

Quella più strettamente storicista, intorno ai vari Giubilei che dal 1300 hanno attraversato la storia della Chiesa Cristiana, con un accento evidente per la Cattolico Romana.

Da questo punto di vista, informazioni basiche anche corrette o poco più.

Una volta abbandonata la pista storica dei singoli eventi, ho molto apprezzato questo lavoro, che si inserisce molto bene nel binario parallelo della riattualizzazione e riscoperta, nel privato e nel personale, degli archetipi della identità cristiana.

Il libro è attraversato da un filo rosso continuo, inizialmente più esplicitato e dibattuto, ma che non abbandona mai una sola pagina del testo: il “NOI”, contrapposto all’”IO”.

Si potrebbe dire che, senza andare a fondo nei secoli, limitandosi al Ventesimo, continua, variegata e multicolore, la discendenza dal 1962, Papa Roncalli e il Vaticano Secondo. L’apertura in grande stile del mondo cristiano, alle realtà delle altre religioni, degli altri quasi sei miliardi di anime di questo pianeta.

Ma, nella pur grandissima famiglia cristiana, vige davvero il concetto fulcro del “Noi”, contrapposto a quello dell’”Io”? È lecito porsi, oggi in particolare, questo dubbio, nel presente che si vive, dove la scristianizzazione sembra sempre più smaccata, quasi brutale.

Se si vuole davvero avere un profondo dialogo con le altre realtà del pianeta, bisogna guardare per primo in casa propria, con mente lucida, retta coscienza, e onestà di mente. Ma è anche, secondo chi scrive, essenziale, dopo aver denunciato, come diceva papa Ratzinger, “Il Fumo di Satana”, che si è infiltrato nelle vite di ognuno, nessuno escluso, riconoscerlo, per poterlo allontanare.

E, credo, sopra a tutto, riuscire a guardare con limpida e costruttiva benevolenza ogni singolo componente della nostra grande famiglia.

Il tono, vivo e amabile, dell’autore, è un invito, che ricorda il detto del Maestro: “Il mio peso è lieve”; una volta che si sia davvero capito in cosa consiste la intima essenza della nostra religione, sfrondata dalla erba maligna del proselitismo, molto criticato sia da papa Benedetto Sedicesimo che da papa Bergoglio.

Ho trovato splendidamente raccontate, le interpretazioni delle Parabole della Misericordia (la pecora smarrita, la moneta smarrita e il figliuol prodigo). Tutto, potrei dire, è “fluidamente e calorosamente lineare”, una volta entrati nell’ottica specifica dei tre diversi archetipi identitari.

Non meno limpida e invitante la illustrazione delle misericordie corporali, come di quelle spirituali, dove ciascuno può riconoscere, nelle singole specificità, quanto e quando, nella propria realtà, ha praticato in vario modo: o disertato, sempre in vario modo questi elementi fondanti del nostro DNA.

Poi, si potrebbe aprire una riflessione infinita, sulle radici della nostra identità. Che io ritengo sì, di base “Giudaico Cristiana”. Ma anche con non indifferenti apporti del mondo Greco e Romano Pagano dei “Gentili”, ovviamente rielaborati e ricontestualizzati. È più o meno dai tempi di Tertulliano (cavallo Secondo/Terzo Secolo Dopo Cristo) che, a partire dal “Credo quia Absurdum”, il Cristianesimo ha avuto un rapporto, se non edipico, quantomeno molto complesso e contraddittorio, con la diversa sapienza “classica”.

Mi limito a ricordare il sogno/incubo di Girolamo (“ti dici Cristiano… bugiardo… sei Ciceroniano!”).

Il calvario sconfinato di Agostino, pregno di lusso, ambizione e trasgressione. O ancora, il “Canto del Gallo” di Ambrogio, con fortissimi echi epicurei e lucreziani. Siamo davvero sicuri di essere, nell’intimo del nostro DNA di credenti, “solo” i discendenti dei discendenti di Abramo, Isacco, Giacobbe, Mosè ecc.? In 20 secoli di vicissitudini di mille tipi, non abbiamo mai “incrociato”, “assorbito”, “assimilato” niente, proprio niente, in parole semplici, da Atene e Roma?