Dalle pellicce ai libri
Tante storie

Uwe Timm
Tutti i miei fantasmi
Sellerio, 2025, pp. 328
€ 16
Uwe Timm, notevole scrittore tedesco, propone con Tutti i miei fantasmi (Sellerio, 2025) un romanzo autobiografico, un viaggio nella memoria, un racconto di formazione che attraversa la Germania del secondo dopoguerra. Con una prosa precisa e poetica, Timm ricostruisce i suoi anni giovanili, segnati dall’apprendistato come pellicciaio e dal confronto con un passato storico ingombrante, fino alla scoperta della letteratura e della scrittura come strumenti di emancipazione.
Il giovane Uwe cresce nel laboratorio di pellicce del signor Levermann, dove il padre lo ha mandato a lavorare dopo la scuola media. È un mondo a metà tra l’artigianato e la produzione industriale, popolato da personaggi memorabili: il socialista Kruse, che vede il lavoro politico e quello manuale come inscindibili; Erik, che incarna il sogno dell’America beat e introduce il protagonista al jazz; Johnny-Look, che mostra rispetto per gli animali trasformati in pelliccia, cercando di restituire loro dignità attraverso la bellezza; e la giovane Lilith, che incarna il risveglio sentimentale e sessuale.
Parallelamente, Timm descrive il suo risveglio intellettuale, favorito da incontri e letture fondamentali. Nelle pause di lavoro, si immerge nei libri di Dante, Kafka, Camus, Dostoevskij e Hemingway, costruendo così un percorso alternativo a quello tracciato per lui dal padre. Il punto di svolta arriva quando Erik gli regala Il giovane Holden di Salinger, confermando la sua inclinazione alla letteratura e al pensiero critico.
Crescendo in una Germania che cerca di lasciarsi alle spalle il nazismo, il protagonista si interroga su come sia stato possibile per la popolazione tedesca convivere con la realtà dei campi di sterminio, facendo finta di non sapere. La figura del padre rappresenta questa ambiguità: inizialmente convinto che nessuno sapesse nulla, si trova a dover fare i conti con il libro Lo Stato delle SS di Eugen Kogon, che lo spinge a un’amara consapevolezza. Timm non propone risposte semplici, ma si fa portavoce di una generazione che eredita il peso della colpa e del silenzio.
La scrittura è limpida e coinvolgente, alterna descrizioni minuziose del lavoro artigianale a momenti di introspezione. Timm riesce a rendere affascinante anche il mestiere del pellicciaio, mostrando come la manualità e la cura per i dettagli abbiano una loro poetica intrinseca. Il libro è permeato da una nostalgia mai stucchevole, funzionale alla narrazione. Il passato viene rievocato con un distacco affettuoso, che lascia spazio alla riflessione senza scadere nel sentimentalismo. La struttura narrativa è fluida, con un susseguirsi di episodi che costruiscono un quadro vivido dell’epoca e dei personaggi.