Nessun Futuro: Pianeti alieni e anticonformismo hardcore

Tante storie

Suzuki Izumi

Suzuki Izumi
Noia terminale
Add Editore, 2024, pp. 216
€ 19

Mondi immaginari e alternativi, il mito della Grande Madre in un universo rovesciato dominato da un Femminismo antimoralista, una Science Fiction disobbediente in un distorto metropolitano come da qualche tempo appare in numerose ed interessanti realizzazioni filmiche: questi racconti psichedelici appaiono nelle forme della (stra)ordinaria normalità scissa tra la volontà battagliera della rivincita delle donne e la denuncia sociale della banalità dell’ordine stabilito dagli uomini al potere da sempre, reso venefico dall’idiosincrasia dell’autrice per qualunque atteggiamento à la page, perbenista, che viene battuto dalla tensione visionaria di un’attivista che, come fotomodella e attrice di pellicole erotiche, riuscì a dar senso nuovo alla letteratura fantascientifica giapponese emancipandosi dalla stereotipia dei Manga da 40 anni tanto amati in Europa soprattutto dal pubblico giovanile. E giovanile, estremamente giovanile, è la scrittura della Suzuki, spesso in dialoghi serrati e crudi vicini allo stordimento analgesico dell’uso dei forti stupefacenti che segnarono la sua esistenza devastata dal malessere per la vita. L’autrice vive costantemente nell’estremismo di un pessimismo irrisolvibile, in parte acceso dall’overdose che condusse a morte il marito Kaoru Abe, noto sassofonista dell’avantgarde jazzistica nipponica, in parte, per il vero maggiore, dal Male Oscuro che ispirò i sette meandri di NOIA TERMINALE in un pianeta distopico popolato da un’umanità che conosce se stessa solo in modo avventato, teatrale, goffo, inquieto, angoscioso, divorata dal Buio della Ragione. Riappaiono le maschere imprendibili già plasmate dal postmodernismo di Philip K. Dick, precursore dell’Avantpop acidamente esibito dallo stile asciutto della scrittrice giapponese. Mondi di Donne senza Uomini, e quando questi ultimi compaiono, quasi per casualità ed eugenetica, tutto peggiora in un Orrido borghese nel quale la tecnologia illude, potendo solo offrire allucinazioni e ansie agghiaccianti, come nel “No Future” dei Sex Pistols- a proposito dello stilema “racconto punk” col quale viene designato il tocco della Suzuki – nel cupo racconto di apertura, “Un mondo di donne e donne” o nel pianeta alieno di “Picnic notturno” ove una pseudofamiglia cerca di assomigliare agli stereotipi visti nei film, o nella tristezza del dover negare ogni valore tradizionale, come nel nichilismo dell’ultimo racconto, “Noia terminale”: “Lui mi stinge fra le braccia. Mentre lo facciamo, fino alla fine, non penso che alle lenzuola. Apre gli occhi e sembra guardare qualcos’altro. Ora la noia non c’è più”. Scompare tutto e tutto riappare nel sesso tossico della coppia nella Storia del Nulla, la negazione totale del mondo con le sue banali istituzioni. Nessuna verità in definitiva, poiché l’esistenza non ha alcuno scopo: una mistica del cinismo e della negazione di ogni legge darwiniana ed einsteiniana.