Cronache di un mondo al tramonto

Classici

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Sándor Márai
Confessioni di un borghese
Adelphi, 2025, pp. 513
€ 15

“Confessioni di un borghese” di Sándor Márai, ripubblicato da Adelphi, pur configurandosi come un racconto autobiografico, va oltre le memorie personali dell’autore: è un’intensa riflessione sul destino individuale e collettivo di una classe sociale, la borghesia mitteleuropea, al tramonto dell’Impero austro-ungarico.

Márai riesce a evitare sia il sentimentalismo che il narcisismo offrendoci con una prosa raffinata e una narrazione intensa un affresco vivido della Mitteleuropa di inizio secolo, mettendo in luce le contraddizioni della borghesia e il senso di smarrimento di un’intera generazione.

Scritto tra il 1934 e il 1935, – è di quegli anni la fotografia in copertina di quest’ultima edizione Adelphi che ritrae Márai e Thomas Mann che si incontrano a Budapest -, il libro si articola in due sezioni, che raccontano il percorso esistenziale dell’autore dalla giovinezza alla maturità, intrecciando la propria storia con le vicende politiche e sociali di un’Europa segnata da profonde trasformazioni.

La narrazione prende avvio nell’infanzia di Márai a Kassa (oggi Košice, in Slovacchia), cittadina mitteleuropea in cui convivono diverse comunità etniche e religiose. L’autore descrive con lucidità il microcosmo della sua famiglia borghese, con le sue abitudini, le sue ossessioni e le sue ipocrisie. Emergono fin dalle prime pagine il senso di appartenenza e il distacco, il privilegio e il senso di colpa, che caratterizzano il rapporto dell’autore con la propria classe sociale.

L’educazione ricevuta, i primi amori, la scoperta della letteratura e del giornalismo si susseguono in un racconto che diventa sempre più una presa di coscienza dell’inevitabile decadenza del mondo borghese. Nella seconda parte del libro, il protagonista lascia la sua patria per viaggiare in Germania, Francia e Italia, sperimentando una condizione di continua irrequietezza, tra entusiasmo e disillusione. Il libro si conclude con il mesto ricordo della morte del padre, simbolo della fine di un’epoca e del definitivo distacco dalle proprie radici.

Nato nel 1900 a Kassa, all’epoca parte dell’Impero austro-ungarico, Sándor Márai è stato uno dei più grandi scrittori ungheresi del Novecento. Giornalista e romanziere, ha vissuto tra Ungheria, Germania, Francia e Italia, prima di emigrare definitivamente negli Stati Uniti nel 1948, in seguito all’instaurazione del regime comunista in Ungheria.

La sua carriera letteraria è segnata da una profonda introspezione e da una critica costante alla società borghese, che egli conosceva dall’interno. Il suo stile raffinato e la sua capacità di analisi psicologica lo hanno reso uno degli autori più importanti del realismo europeo. Tra le sue opere più celebri, oltre a “Confessioni di un borghese”, si ricordano su tutte “Le braci”, ma anche “La donna giusta” e “L’eredità di Eszter”.

Márai ha trascorso gli ultimi decenni della sua vita in esilio, scrivendo in ungherese ma rimanendo a lungo sconosciuto fuori dalla sua patria. Solo dopo la sua morte, avvenuta per suicidio nel 1989 a San Diego, la sua opera ha conosciuto una riscoperta internazionale, grazie anche alle traduzioni che ne hanno rivelato la grandezza a un pubblico più ampio.

Uno dei temi ricorrenti di “Confessioni di un borghese” è il confronto tra borghesia e nobiltà, con un certo rimpianto per la società preindustriale, vista come più autentica rispetto al cinismo della borghesia moderna. L’autore critica la mentalità borghese, caratterizzata da un atteggiamento ipocrita nei confronti della povertà e da una contraddittoria idolatria per il denaro. Il matrimonio, ad esempio, viene descritto come un’istituzione regolata più da convenienze economiche che da reali sentimenti, mentre il rapporto con la religione è segnato da una profonda ambiguità.

Un altro aspetto centrale è il senso di sradicamento: Márai, pur essendo borghese, si sente estraneo alla sua classe sociale; pur essendo ungherese, non trova il suo posto nel suo paese; pur essendo europeo, avverte il declino della civiltà che lo ha formato. Questa condizione di esilio interiore lo accompagna per tutta la vita e si riflette nel tono malinconico della sua scrittura. Lo stile è elegante e preciso, privo di manierismi e al contempo ricco di scelte linguistiche raffinate. La prosa ha una musicalità particolare, che rende la lettura scorrevole e coinvolgente. Nonostante la profondità delle riflessioni, il libro mantiene sempre un ritmo fluido, che alterna descrizioni dettagliate a momenti di intensa introspezione.