Ripensare il museo

Dice il saggio

Fulvio Irace (a cura di)
Musei possibili. Storia, sfide, sperimentazioni
Carocci, 2024, pp. 232
€ 24,00

“Musei possibili. Storia, sfide, sperimentazioni”, curato da Fulvio Irace e pubblicato da Carocci (2024), si propone come un’indagine approfondita e collettiva sul ruolo contemporaneo dei musei, un ruolo che è stato costantemente ridefinito, ampliato e sfidato dagli sviluppi sociali, culturali e tecnologici degli ultimi decenni. Con contributi di storici, critici, curatori e architetti, il volume si focalizza su come il museo sia passato dall’essere un’istituzione chiusa e conservativa a un sistema dinamico e fluido, capace di riflettere le ambizioni e le tensioni della società contemporanea.

Irace introduce questa raccolta di saggi affrontando il tema del museo come luogo in continua evoluzione, in perenne tensione tra memoria e innovazione. Per secoli, il museo è stato uno spazio di preservazione e di selezione culturale, votato alla conservazione di opere destinate a durare nel tempo e a rappresentare valori condivisi. Tuttavia, come Irace sottolinea nel suo saggio introduttivo, l’evoluzione sociale e culturale ha imposto nuove aspettative. La definizione di “museo” è stata aggiornata più volte dall’Icom (International Council of Museums), estendendone il mandato dalla semplice conservazione a nuove missioni: comunicazione, inclusione, educazione, e anche “diletto”. Nell’ultima revisione del 2022, il museo viene descritto come “accessibile, inclusivo e sostenibile”, aperto alla partecipazione delle comunità e orientato alla riflessione e alla condivisione di conoscenze. Questo ruolo ampliato rappresenta un cambiamento radicale rispetto alla concezione passata, dove l’aura di intangibilità e sacralità lo poneva al di sopra delle dinamiche quotidiane.

Gli autori dei saggi inclusi in “Musei possibili” analizzano come la forma e il contenuto del museo si siano trasformati per rispondere a nuove esigenze sociali e culturali. In un excursus storico che va dall’epoca illuminista, con l’Altes Museum di Berlino come modello di museo “classico”, fino al recente “ipermuseo” rappresentato dal Guggenheim di Bilbao e dalla Fondation Vuitton a Parigi, i contributi al libro raccolti da Irace mostrano come l’evoluzione del museo sia legata non solo alle trasformazioni architettoniche, ma anche alle pressioni e alle sfide globali. Il già citato Guggenheim di Gehry a Bilbao, il MAXXI di Zaha Hadid a Roma e altri “templi” del contemporaneo sono diventati simboli del museo come spettacolo, strumenti di attrazione per un pubblico sempre più globalizzato, e quasi marchi commerciali destinati ad alimentare il turismo culturale. Questo fenomeno di “museo in franchising” — il cui esempio emblematico è l’apertura di una sezione del Louvre ad Abu Dhabi — solleva questioni complesse sull’autenticità e sull’equilibrio tra cultura e commercializzazione.

Uno degli aspetti centrali affrontati dal volume è il tema dell’inclusività, che si manifesta anche attraverso la necessità di rendere visibili le diversità culturali e identitarie. Anna Chiara Cimoli, nel saggio “Spazio alle differenze”, esplora l’ingresso di nuove rivendicazioni identitarie e postcoloniali all’interno dei musei, rilevando come istituzioni come la Tate Modern di Londra o il Metropolitan Museum of Art di New York stiano riorganizzando le collezioni per accogliere prospettive diverse, invertendo l’ordine tra le opere di artisti occidentali e quelle di artisti provenienti da culture extraeuropee. Cimoli descrive come movimenti sociali come Black Lives Matter, Fridays for Future, e le rivendicazioni del pensiero postcoloniale e gender abbiano portato a una richiesta di ridefinizione delle narrative espositive e del canone storico. Di conseguenza, i musei non sono più spazi di contemplazione silenziosa, ma ambienti di dibattito e di confronto critico. Questa apertura verso la diversità sociale e culturale si riflette anche nell’esigenza di una trasparenza e di un’etica gestionale, in cui la cultura si confronta con le sfide della cancel culture e delle richieste di restituzione di opere legate a storie di oppressione coloniale.

Nel trattare questi argomenti, “Musei possibili” guarda anche al problema della sostenibilità e della relazione con il pubblico. Come sottolinea Anna Casalino nel saggio “Comunicare il museo”, i musei contemporanei devono saper coinvolgere un pubblico sempre più variegato e spesso impreparato, trovando nuove strategie di narrazione e linguaggio. La sfida è duplice: da una parte, si tratta di catturare l’attenzione delle giovani generazioni, per le quali il museo deve essere un’esperienza interattiva e digitale; dall’altra, i musei devono salvaguardare il valore della tradizione. L’avvento delle tecnologie digitali ha permesso di espandere le esperienze museali con l’introduzione di display interattivi, come nel caso della “Ronda di Notte” di Rembrandt al Rijksmuseum di Amsterdam, dove una lavagna touch offre approfondimenti interattivi sull’opera. La pandemia ha accelerato questo processo di digitalizzazione, spingendo i musei a creare contenuti online per sopravvivere e per mantenere il contatto con il pubblico, sebbene la transizione digitale non sia priva di ostacoli e limiti.

Le testimonianze di tre direttori museali italiani, James Bradburne (Pinacoteca di Brera), Cristiana Collu (Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea) ed Elisabetta Farioli (Musei Civici Reggio Emilia), portano una prospettiva personale sulle sfide e le opportunità di chi guida oggi le istituzioni culturali. Queste figure, con il loro impegno per la decolonizzazione e la trasparenza, confermano come i musei italiani siano alle prese con problematiche strutturali che riguardano la scarsità di risorse e la necessità di rinnovamento. Bradburne, Collu e Farioli descrivono i limiti imposti dalla carenza di fondi e di competenze digitali, che rendono complesso per le istituzioni italiane allinearsi agli standard internazionali e rispondere adeguatamente alle esigenze di un pubblico sempre più variegato. In “Musei possibili”, Irace delinea un panorama critico e variegato, dove il museo si presenta come un “dispositivo” in continua trasformazione, capace di raccontare la complessità della nostra epoca. Il libro esplora con efficacia il ruolo del museo come luogo di negoziazione culturale e come specchio delle tensioni della società, offrendo uno sguardo sui possibili scenari futuri di una delle istituzioni più antiche e simboliche del nostro patrimonio culturale.