L’anestesia della ragione: gli effetti collaterali e la perdita della socialità

Che spettacolo

Zukar Cabona

Paola Zukar e Claudio Cabona (a cura di)
Testi espliciti. Nuovi stili di censura – vol. 1
Mondadori, 2024, pp.208
€ 28

Come si fa a pensare all’esistenza della censura? Ovvio che a nessun artista e a nessuno interessato alla cultura potrebbe mai passare per la testa nemmeno di prendere in considerazione la storica mannaia; fin troppo ovvio anche che i contenuti di un libro con tale titolo potrebbero dirsi scontati e destinati a chi ha già un’idea ben precisa sull’argomento. Le testimonianze sono, non caso, soprattutto di rapper o cantanti “di tendenza” come Marracash, Fabri Fibra, Gué, Madame, Baby Gang (ma questi un altro nome non se lo potevano dare?) ma anche di personaggi le cui posizioni stimolano spesso ampie riflessioni, in positivo ed in negativo, come Milena Gabanelli, Zerocalcare, Don Claudio Burgio e Gherardo Colombo.

Ribadita la libertà d’espressione – ci mancherebbe – vengono in mente gli effetti che alcuni testi generano nei fruitori più sprovveduti, privi di certezze morali e di adeguata cultura, per lo più giovanotti portati per età all’imitazione: si imita quando si ha quasi nulla di personale da proporre e quando si preferisce la parola del Demiurgo alla fatica del pensare, del cercare l’autonomia rispetto al sudore del Vero. A questo proposito intendo ricordare, oltre che Umberto Eco (i suoi scritti sull’argomento ora in “Sulla televisione. Scritti 1956-2015”, La Nave di Teseo 2018), la “cattiva maestra televisione” di Karl Popper (Donzelli 1996) o, se si preferisce, la sarcastica Banalità del Cosa vuol dire oggi essere Individuo, in musica da Frank Zappa ai Clash, ai Talking Heads, ai Joy Division, sui tanti che, persi tra il bisogno di distinguersi e la brutalità della cultura di massa, brancolano tra l’assoluta idiozia del Bla Bla rivistaiolo profuso nelle rime sciamannate dei canticchiatori dei Talent Show del “Chi è il più bravo” su Mediaset e Sky.

Impossibile negarlo: le parolette agguantate dai più sprovveduti fanno diventare Opinion Leaders mezze figure che comunque hanno il diritto di spuzzare la loro in onore della Democrazia, il cui senso attualmente risulta alquanto confuso e contraddittorio: Democrazia che non è mai Libertà di dire  stupidaggini di squallide volgarità sessiste, gozzoviglie di banalità sul denaro o proposizioni di modelli “gansta”, imitando le infime dizioni di malavitosi americani tutti tatuaggi, gioielloni, occhialoni, pellicciotti e brache sbilenche. Ovvio che anche riguardo questo caso esistono interessanti eccezioni (in Italia ad esempio Frankie Hi NRG) che però si contano in pochi minuti. Sarebbe sempre il caso di sapere con chi si ha a che fare quando si ascolta e, di conseguenza, a chi dar parola, e la scelta non è davvero molto ardua.

E la Censura, oggetto del trattare da parte dei due autori? Ovvio che non possiamo che falciare l’Indice dei Libri Proibiti della Controriforma, il fascistissimo Ministero della Cultura Popolare, l’ignobile lordura della Propaganda nazista di Goebbels e poi quella staliniana, nordcoreana, islamico-radicale, la “guerra alle streghe” statunitense…

Forse a chiarirci le idee le posizioni di alcuni dei personaggi chiamati in causa, tutt’altro che scontate e sicuro oggetto di discussione produttiva, come quelle suscitate, tanto per ricordare, all’indomani dell’uscita di “Io se fossi dio” di Giorgio Gaber, aggredito il giorno stesso dell’uscita in LP inciso su una sola facciata per far presto prima che il vinile fosse vietato da quella che davvero era Censura (siamo nel 1980, disco esaurito in pochi giorni, altra coscienza politica in giro, altri intellettuali ad animare la scena culturale), un j’accuse rabbioso, impensabile oggigiorno, contro i corrotti ed un parlamento ipocrita: una Censura “meritata” che ricordiamo con enorme simpatia per il coraggio e l’onestà intellettuale del grande artista milanese che volle ispirarsi al sonetto di Cecco Angiolieri “S’i’fosse foco”, altro vero disobbediente propenso all’invettiva diretta. Qualcosa di simile per levatura culturale (e musicale) negli ultimi venti anni? Mi sembra di no, ed allora a che pro la Censura? Un motivo per controllare e spegnere le coscienze però c’è sempre: meglio rimbecillire e ibernare le sinapsi, meglio lasciare un’illusione di libertà lasciando sciorinare rabbie dementi e violente frustrazioni, tanto non fanno mai male a chi, dalle proprie cripte dorate, tiene le redini del tutto.

Quindi, non lo si può negare, la Censura esiste ancora, secondo forme molto differenti anche rispetto a soli venti anni fa: tutto previsto da Karl Popper, che ebbe la lungimiranza di vaticinare gli effetti negativi delle sciocchezze trasmesse in televisione e in radio, violenze metacomunicative consentite dall’assenza di una credibile politica culturale, qualcosa di Apocalittico, per dirla alla Eco. A tale limite storico s’accomuna la “finzione logica” indotta per svuotare le personalità, come intuisce Zerocalcare, per creare difficoltà nelle relazioni interpersonali e assenza di aggregazione, punto fermo di Milena Gabbanelli, per omettere il controllo dei reali parametri democratici attualmente a disposizione dell’opinione pubblica. A chiarire la vicenda i due autori di Testi Espliciti, i giornalisti Claudio Cabona e Paola Zukar, quest’ultima anche discografica e manager, con un libro che s’ispira al bollino Explicit Lyrics da tempo apposto in particolare sui dischi rap allo scopo di segnalarne l’eventuale contenuto pericoloso, che intende affrontare con chiarezza e senza mezzi termini un tema a volte complesso e di indubbia attualità e implicitamente dedicato al pubblico giovane (e giovanile), da prendere in seria considerazione viste le evidenti implicazioni di natura sociologica, morale e culturale.