La via astratta della Ragione

Storie

Ndiaye-la strega

Marie NDiaye
La strega
traduzione Antonella Conti
Prehistorica, 2025, pp. 198
€ 18

In una società borghese che scivola stancamente tra razionalismo distratto e arrivismo più retrivo, la storia di tre donne al di fuori della “normalità” assume il profilo di un’inesorabile battuta d’arresto della pubblica coscienza di fronte al Mistero della Magia, all’essere costantemente in contrasto con le leggi darwiniane dell’Umano.

La NDiaye, enfant prodige che già giovanissima ha conseguito importanti riconoscimenti tanto da vincere il prestigioso premio Goncourt e veder inclusa una propria pièce teatrale nel repertorio della Comédie Française, desume con tutta probabilità l’interesse per l’antropologia misterica africana dai geni del padre senegalese – che pur conosce solo adolescente – elemento fondante di una Koinè antichissima improntata al culto della Natura e della Madre creatrice, incentrato su un punto d’osservazione essenzialmente femminile, come nel dipanarsi della narrazione di una “Strega” che non trae vantaggi dai propri poteri che, alla fine, costituiscono una vera maledizione. Ma questi poteri esistono, non c’è nulla da fare perché non possono esser scacciati, anzi vengono insegnati dalla madre alle figlie, inevitabili, oscuri, inesorabili, comunque destinati ad esser protetti da un mondo che rifiuta ogni sospensione meditativa in interrogativi irrisolti, provvisorio dal lato morale, incomprensibile e privo di progetti, che si accontenta di illusioni, secondo quanto indicato dalla citazione di Umberto Eco ante romanzo: “dobbiamo avere il coraggio di considerare quello che chiamiamo «il nostro mondo» come un costrutto culturale”.

Efficace la traduzione di Antonella Conti per un romanzo moderno che, enunciata la premessa, trasla il vivere in una cittadina benestante in un correre tra incontri insignificanti ed eventi di forte impatto emotivo, immutabili nel malessere esistenziale e nella necessità di perdersi in fantasie distorte che, iterate e reiterate, potrebbero costituire l’unica salvezza possibile: ma mancano le vere motivazioni e ci si perde “in un caldo pomeriggio” tra “strade deserte, negozi chiusi…nella brutale luminescenza al centro della piazza…con il collo incassato nelle spalle basse…parole monotone, come ammorbidite e rallentate dall’aria calda e immobile”. Forse un’annoiata indifferenza a far da faro a vite che avrebbero meritato altra sorte, forse lo smarrirsi d’ogni virtù che possa dar senso all’assenza d’ogni verità.