Le virtù del virtuale
Dice il saggio
La casa editrice Meltemi ha deciso di ripubblicare il testo che Pierre Lévy nel 1995 dedicò a “Il virtuale. La rivoluzione digitale e l’umano”. Potrebbe a prima vista sembrare un’operazione editoriale azzardata su un terreno dove trent’anni rappresentano un’enormità e le tecnologie digitali hanno conosciuto uno sviluppo incredibile, imprevedibile ai tempi della stesura originare, quando il World Wide Web stava muovendo i primi passi e la diffusione dei computer era ancora ristretta a una fascia ristrettissima della popolazione mondiale.
Eppure, il testo di Levy, oggi riproposto con una nuova introduzione dell’autore e un testo di Damiano Cantone e Andrea Colombo che ne discutono l’impatto e il valore per il futuro prossimo venturo, mantiene un interesse notevole, per certi versi proprio grazie ai più recenti sviluppi offerti dall’Intelligenza Artificiale generativa che delineano l’inizio di una nuova era del digitale.
Levy può essere considerato come uno tra i filosofi che hanno dedicato maggiore attenzione al fenomeno del mondo digitale, alla cosiddetta cybercultura, e questo testo sul virtuale costituisce la base del sistema di pensiero che lo hanno portato in questi trent’anni a dedicarsi a questi temi.
Il virtuale secondo Levy, richiamandosi a Deleuze, non è una categoria opposta al reale, quanto piuttosto una delle polarità, insieme a quella dell’attuale, che attraverso un rapporto dialettico e sinergico tra loro caratterizzano la realtà umana. L’interazione tra attuale e virtuale non allontana dalla realtà, ma, al contrario, la rende più articolata e complessa, la problematizza. Il virtuale consente di andare oltre l’hic et nunc, abbracciando l’intera forma di rappresentazione simbolica e di costruzione di significato ed è in grado di trasformare la nostra percezione dello spazio, del tempo, dell’identità e dell’interazione sociale.
La storia dell’umanità è scandita da un fondamentale processo di virtualizzazione, a partire dalla nascita del linguaggio e della scrittura alfabetica. Le tecnologie, dalla stampa al computer, hanno rappresentato un contributo fondamentale in questo processo, consentendo al virtuale di crescere, consolidarsi e diffondersi nello spazio e nel tempo, influenzando così in maniera sempre più significativa la realtà. La rivoluzione digitale, in particolare, ha impresso un’accelerazione straordinaria alla virtualizzazione e il testo di Levy riesce a coglierne con eccezionale lucidità le prospettive dai primi passi della Rete.
Il saggio di Levy analizza i diversi processi di virtualizzazione che hanno riguardato il corpo, il testo e l’economia con il ruolo fondamentale del linguaggio, della tecnica, del contratto e dell’arte. In questo modo l’intelligenza collettiva che l’uomo condivide con altre specie animali, si è potuta alimentare nel nostro caso di un livello riflessivo, simbolico, storico-culturale che costituiscono un unicum nella natura.
L’Intelligenza Artificiale, di cui Levy in questi decenni non è mai stato un sostenitore, prediligendo i progetti collaborativi come Wikipedia o GitHub e l’idea che la tecnologia debba essere al servizio dell’intelligenza umana e non una sua alienazione, ha però in questi ultimi tempi preso una direzione che l’autore guarda con interesse, come ci tiene a precisare nell’introduzione alla riedizione odierna del suo testo.
Secondo Levy i sistemi generativi attuali possono funzionare da preziosi strumenti di consultazione della gran mole di dati prodotti a livello di intelligenza collettiva. La loro natura artificiale è in realtà molto umana, poiché basata su dati prodotti dagli utenti in carne ed ossa. In associazione con un lavoro operante a livello semantico, al quale Levy si è dedicato con la creazione di un linguaggio di programmazione specifico, un simile lavoro neurale artificiale potrebbe consentire un grande progresso per lo sviluppo dell’intelligenza collettiva.
Il condizionale è d’obbligo anche nella visione ottimistica di Levy poiché non sfuggono, e la storia di questi trent’anni dalla nascita del Web all’affermazione del dominio GAFAM (Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft) e del più recente suo corrispettivo cinese BATX (Baidu, Alibaba, Tencent, Xiaomi) lo dimostra, le implicazioni etiche, politiche ed economiche che sottostanno allo sviluppo degli eventi.
Le raccomandazioni di Levy restano sempre quelle di favorire l’emancipazione dal basso con la diffusione di alfabetizzazione digitale e pensiero critico, accompagnata con una governance della sfera pubblica ispirata alla consapevolezza di Rete, alla trasparenza dei processi online (apertura di dati e software) e alla responsabilità che consentano la dimensione riflessiva sull’intelligenza collettiva.
Si tratta di tecno-utopia viziata da un’ingenuità simile a quella dei pionieri del Web? Forse sì, ma, come ogni utopia, potrebbe allo stesso tempo rappresentare una forma di interrogazione del presente in grado di delineare un futuro migliore. In tal senso, poter contare sul pensiero e gli scritti di Levy rappresenta senz’altro un utile strumento in questa direzione.