La croce di Buchenwald tra tanta bellezza
Tante storie
Ha esattamente quarant’anni questo libro di Julien Green ma rispetto a quel 1983, in cui il celebre scrittore franco-americano era ancora in vita, mantiene intatta l’ispirazione autentica, il mood, la freschezza narrativa.
È il libro di un flaneur che torna e ritorna, sia fisicamente che mentalmente, sulla città che gli ha dato i natali, sui luoghi (non solo grandi monumenti, piazze e boulevards ma anche vicoli, stradine, negozi, case) e le persone (amici e scrittori ma anche gente comune), per restituircene, tra passato e presente, il fascino misterioso e alla fine insondabile, quel quid che solo le sue parole di grande romanziere riescono a evocare.
Green, trascinato dal suo amour fou per la città esteriore, ci conduce nella città interiore, nel modo in cui l’ha vissuta, percepita, incontrata più volte, in vari momenti della giornata, dell’anno e della vita e sotto luci diverse, atmosferiche e psicologiche, anche se prevale la luce del sogno, della scoperta, dell’immaginazione, dell’arte.
Vista così Parigi sembra l’unica città al mondo nella quale è bello andare, per la quale si giustifica la fatica di fare le valige, di prendere un treno o un aereo, e di fermarsi per un tempo lungo o addirittura di viverci per sempre. La città che fa impallidire con la sua bellezza il più esotico e avventuroso dei viaggi.
Non c’è nulla di estetizzante in queste pagine, ma solo tanta poesia e memoria civile. Il libro può essere letto come un’autobiografia, come un atto di fede laica, come una guida turistica, come una testimonianza civile.
Non sono pochi i passi in cui lo scrittore ci parla della guerra, dell’occupazione, degli esili, degli orrori della deportazione. Mentre stavo visitando Notre Dame – scrive – “i miei occhi fecero il giro della chiesa e di colpo si fermarono. Non mi aspettavo di vedere ciò che vidi, ma la riconobbi subito. Nel braccio Sud del transetto, alta e nuda, e di una semplicità sconvolgente, si ergeva la croce di legno dedicata ai morti di Buchenwald. Era lì che aspettava e guardava come solo le cose sanno aspettare e guardare”.