L’Arte di Fare con il Sintomo
Dice il saggio
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Luis Izcovich
Il savoir-faire dello psicoanalista
Mimesis, 2025, pp. 138
€ 14
Luis Izcovich, psicoanalista e psichiatra di fama internazionale, offre un contributo alla psicoanalisi contemporanea con il suo libro Il savoir-faire dello psicoanalista (Mimesis, 2025). Questo testo esplora il delicato equilibrio tra tecnica, intuizione e soggettività nella pratica psicoanalitica, mostrando come la comprensione e l’uso dei sintomi possano condurre a una trasformazione personale profonda. L’opera si distingue per il suo approccio lacaniano, proponendo un’analisi che riflette le complessità del contesto moderno.
Nel cuore dell’opera di Izcovich risiede il concetto di “rinnovamento clinico”. L’autore sottolinea che la psicoanalisi non può essere vincolata da protocolli standardizzati. Ogni soggetto è unico e richiede un approccio flessibile che tenga conto delle specificità della sua struttura e del contesto culturale. Izcovich esplora come la clinica lacaniana rimanga viva e pertinente, specialmente quando affronta la sfida della soggettività contemporanea.
In linea con gli insegnamenti di Lacan, il sapere psicoanalitico non è mai completamente sistematico: è un “savoir-faire” che implica un continuo adattamento. L’analista non si limita ad applicare un sapere preconfezionato, ma crea uno spazio di dialogo e riflessione in cui il sintomo non è solo un problema, ma anche una risorsa.
Un aspetto centrale del libro è la reinterpretazione del sintomo come “nucleo opaco” del soggetto. Izcovich analizza il rapporto tra il sintomo e il sapere, proponendo che il vero cambiamento in analisi si verifica quando il soggetto impara a convivere con il proprio sintomo piuttosto che eliminarlo. Questo approccio risponde all’idea lacaniana del sintomo come un “fare” piuttosto che un “essere”: una modalità di rapporto con il reale che può diventare una guida nel vivere.
L’autore chiarisce come, al termine della cura, il soggetto non solo comprenda meglio il proprio sintomo, ma acquisisca anche la capacità di utilizzarlo come strumento di costruzione identitaria. Questo implica che il sapere non è un semplice accumulo di conoscenze, ma un “saperci fare” con la propria esistenza.
Il savoir-faire non riguarda solo il paziente, ma anche l’analista. Izcovich esamina in dettaglio cosa significhi “saper fare” per il clinico, collegandolo alla responsabilità di sostenere il desiderio del paziente. L’analista deve adottare una posizione di apertura, che permette al soggetto di scoprire le proprie risorse per affrontare l’inconscio. Questa postura è fondata su un delicato equilibrio tra presenza e discrezione, tra intervento e ascolto.
Attraverso una serie di riflessioni teoriche e cliniche, l’autore mette in luce come l’analista debba confrontarsi con la propria soggettività. Non si tratta di negarla, ma di utilizzarla come parte integrante del processo terapeutico. Questo è particolarmente rilevante nel contesto della clinica contemporanea, dove le dinamiche interpersonali sono sempre più complesse.
Un tema ricorrente è la solitudine dell’analista, descritta come una condizione necessaria per il lavoro psicoanalitico. Izcovich esplora come questa solitudine non sia una semplice mancanza di contatto, ma una forma di distacco che permette all’analista di mantenere una posizione neutra e, allo stesso tempo, coinvolta. La solitudine diventa uno spazio di riflessione e crescita, essenziale per sostenere il paziente nel suo percorso.
Il libro pone un accento particolare sull’importanza del reale nella psicoanalisi. Izcovich utilizza il concetto lacaniano di “impossibile” per descrivere quelle aree dell’esperienza umana che sfuggono alla simbolizzazione. Questi aspetti emergono spesso attraverso i sintomi, che rappresentano un punto di impasse ma anche una potenziale via d’uscita.
L’autore descrive il lavoro dell’analista come un’arte di navigare tra il simbolico e il reale. Questo richiede un savoir-faire che non può essere appreso solo attraverso lo studio teorico, ma deve essere costruito attraverso l’esperienza e il confronto. Con uno stile accessibile ma rigoroso, Izcovich riesce a rendere comprensibili concetti complessi anche a un pubblico non specializzato. Il testo si rivolge sia agli psicoanalisti in formazione che a chiunque sia interessato a comprendere meglio la dimensione umana. Le riflessioni sul sapere, sul sintomo e sulla responsabilità clinica offrono spunti preziosi per chi lavora nel campo della salute mentale, ma anche per chi desidera approfondire il proprio percorso personale. Coniugando teoria lacaniana, pratica clinica e riflessioni personali, l’autore invita a un approccio più umano e creativo alla cura.