L’ultima lingua possibile

Epistolario

Bachmann Celan

Ingeborg Bachmann, Paul Celan
Troviamo le parole
Lettere 1948-1973
Nottetempo, 2025, pp. 336
€ 24,90

Il carteggio tra Ingeborg Bachmann e Paul Celan, ripubblicato da Nottetempo nel 2025 con il titolo Troviamo le parole. Lettere 1948-1973, rappresenta una testimonianza intensa e drammatica della letteratura del Novecento. Questa raccolta di lettere, arricchita dalle voci di Gisèle Celan-Lestrange (compagna di Celan) e Max Frisch (compagno di Bachman), non è solo un documento biografico ma un vero e proprio laboratorio poetico ed emotivo, dove due delle voci più significative della poesia europea si confrontano, si amano, si scontrano e, spesso, falliscono nel trovare un linguaggio comune, nel passare dall’io al noi che pure rappresenta per loro un cruccio che li ha accompagnati per l’intera esistenza in vita.

La relazione tra Bachmann e Celan è segnata fin dall’inizio da un’irriducibile complessità. Si incontrano a Vienna nel 1948: lei, ventiduenne, figlia di una famiglia che aveva aderito al nazismo, lui, ventottenne, ebreo rumeno sopravvissuto alla Shoah, i cui genitori morirono in un lager. Questa asimmetria storica e personale diventa il sottofondo di un legame che oscilla tra passione, incomprensione e disperazione. Le lettere rivelano come entrambi cercassero nelle parole non solo un conforto, ma una via di salvezza. Celan, in particolare, vive il tedesco come una lingua insieme materna e omicida, mentre Bachmann tenta di costruire un “noi” che rimarrà sempre sfuggente.

Il titolo Troviamo le parole, felice intuizione dell’edizione italiana che riprende uno dei contenuti delle lettere (in tedesco il libro si intitolava “Il tempo del cuore”), sintetizza l’essenza di questo epistolario: un continuo tentativo di dire l’indicibile, di colmare il vuoto lasciato dai traumi personali e storici. Le lettere sono frammenti di un dialogo spesso interrotto da silenzi, incomprensioni e ripensamenti. Celan scrive: “Il Parlare non è assolutamente nulla, io volevo anche essere muto con te”, mentre Bachmann confessa: “Ho nostalgia di te e della nostra fiaba. Che fare?”. Questa tensione tra il dire e il tacere, tra l’amore e l’impossibilità di viverlo, rende il carteggio un’opera letteraria in sé, dove la vita e la poesia si intrecciano inestricabilmente.

A complicare il quadro si aggiungono le figure di Gisèle Celan-Lestrange, moglie di Celan, e Max Frisch, compagno di Bachmann. Le loro lettere, inserite nel volume, mostrano come la relazione tra i due poeti non fosse un fatto privato, ma coinvolgesse chi li amava in una rete di dolore e complicità. Gisèle, in particolare, emerge come una figura tragica e dignitosa, capace di comprendere il legame tra il marito e Bachmann senza mai negarlo.

Il carteggio si conclude con il suicidio di Celan nel 1970 e la morte di Bachmann tre anni dopo. Le ultime lettere sono cariche di un senso di irreparabilità: Celan, sempre più preda della paranoia e della depressione, si chiude in un silenzio che Bachmann non riesce a rompere. In Malina, Bachmann scriverà: “La mia vita finisce perché lui è annegato nel fiume durante la deportazione, era la mia vita”. Questa frase, citata nel testo, diventa l’epitaffio di un amore che, nonostante tutto, ha resistito attraverso la scrittura.

La nuova edizione di Nottetempo merita particolare attenzione per la cura editoriale e l’aggiunta di materiali inediti che arricchiscono la comprensione del contesto storico e culturale in cui Bachmann e Celan operarono. Tuttavia, alcuni passaggi potrebbero risultare di difficile accesso per chi non conosce già le opere dei due autori. La densità emotiva e letteraria del carteggio richiede una lettura paziente e riflessiva, ma la ricompensa è un viaggio straziante e magnifico nell’anima di due giganti della poesia.Troviamo le parole è un monumento alla fragilità umana e al potere della letteratura. Bachmann e Celan, come “papavero e memoria” (verso di Celan che diventa metafora del loro rapporto), ci lasciano un’eredità di bellezza e dolore, dimostrando che, anche quando la vita nega ogni possibilità di incontro, le parole possono ancora, almeno per un attimo, tenerci uniti.