Il lato fragile di Bond
Tante storie

Ian Fleming
Si vive solo due volte
Traduzione di Massimo Bocchiola
Adelphi, 2025, pp. 240
€ 19
Pubblicato originariamente nel 1964 (in Italia arrivò tradotto già nel 1965 con le edizioni Garzanti), Si vive solo due volte di Ian Fleming rappresenta un capitolo cruciale nella saga di James Bond, segnando il culmine della cosiddetta “trilogia della Spectre” (che comprende anche Thunderball e Al Servizio segreto di Sua Maestà), offrendo un ritratto profondamente umano dell’iconico agente segreto britannico.
Il film con Sean Connery nei panni di James Bond, realizzato nel 1967, tradisce molti degli aspetti più interessanti del libro, trasformando la storia da un dramma personale a un’avventura più orientata all’azione e allo spionaggio globale con l’esigenza di dare seguito alla serie di grande successo di film sullo 007 che invece nella realtà della scrittura di Fleming era arrivata praticamente al capolinea.
Si vive solo due volte, infatti, è uno degli ultimissimi romanzi di Fleming che in quello stesso anno morì di infarto a soli 56 anni, cui seguì la pubblicazione postuma di alcuni altri scritti dove però non si tratta più della mitica Spectre (“Special Executive for Counter-intelligence, Terrorism, Revenge and Extortion”, l’organizzazione del male smantellata proprio nel finale di Si vive solo due volte). La nuova traduzione di Massimo Bocchiola per Adelphi nel 2025 dona freschezza a questo classico, mantenendo intatta l’intensità narrativa di Fleming, ma rendendo più scorrevole il linguaggio per il pubblico contemporaneo.
Il romanzo si apre con un James Bond spezzato dalla perdita della moglie Tracy, assassinata da Ernst Stavro Blofeld poco dopo il loro matrimonio. Questa tragedia ha lasciato un segno indelebile sull’agente 007, il quale appare svuotato, apatico e inefficace nelle missioni. M, consapevole del suo declino, decide di concedergli un’ultima possibilità, inviandolo in Giappone per una missione apparentemente diplomatica che nasconde ben altri risvolti.
Il viaggio in Giappone non è solo un cambio di scenario, ma un’esperienza trasformativa per Bond, costretto ad adattarsi a una cultura lontana dalla sua e a ricoprire un ruolo inedito. Senza il suo iconico numero in codice, Bond si muove tra le tradizioni e i rituali giapponesi, guidato dal capo dei servizi segreti nipponici, Tigre Tanaka. Il romanzo esplora così il tema del cambiamento e della rinascita, suggerito anche dal celebre haiku che ispira il titolo del libro: Si vive solo due volte: Una quando si nasce, Una quando si guarda la morte in faccia. La copertina Adelphi riprende proprio il lettering giapponese scelto per la prima edizione inglese del 1964.
L’ambientazione giapponese è uno degli elementi più affascinanti del romanzo. Fleming dipinge un mondo fatto di geishe, rituali di sake e antichi codici d’onore, contribuendo a creare un’atmosfera esotica e misteriosa. Tuttavia, alcuni passaggi rivelano una visione occidentale dell’Oriente che, sebbene contestualizzabile all’epoca della scrittura, potrebbe apparire oggi caricaturale. Il Giappone di Fleming è un luogo di estremi, dove il culto del suicidio si mescola con l’efficienza militare e la rigidità gerarchica.
Il “Giardino della Morte” del dottor Shatterhand (alias Blofeld) è un perfetto esempio di questa tensione tra fascino e orrore: un luogo inquietante dove persone da tutto il Giappone si recano per togliersi la vita, tra piante velenose e creature letali. È qui che Bond deve infiltrarsi, facendo affidamento sulle arti del ninjutsu per penetrare nel castello e compiere la sua vendetta.
La rivelazione che il dottor Shatterhand è in realtà Blofeld offre a Bond l’opportunità tanto attesa di chiudere i conti con il suo più grande nemico. Lo scontro tra i due è uno dei momenti più tesi del romanzo, culminando in un duello all’ultimo sangue che si risolve con la morte di Blofeld per strangolamento. Bond, però, non esce indenne dallo scontro: ferito alla testa, perde la memoria e viene dato per morto dall’MI6.
Qui il romanzo prende una svolta inaspettata. Salvato dalla giovane pescatrice Kissy Suzuki, Bond inizia una nuova vita in un villaggio isolato, ignaro del suo passato e inconsapevole del figlio che Kissy porta in grembo. È un finale ambiguo e malinconico, che segna una rottura con la tipica chiusura trionfante delle avventure di Bond. Si vive solo due volte è probabilmente il romanzo più psicologico della serie, caratterizzato da un tono più riflessivo e malinconico, mostrando il lato più umano, fragile e vulnerabile dell’agente e mettendo in luce il peso delle sue perdite e la sua ricerca di un nuovo senso di sé, fino a condurlo verso un finale enigmatico. Rispetto ai precedenti capitoli, mancano veri e propri gadget, l’ambientazione è suggestiva e lontana dai tipici scenari di spionaggio internazionale, l’azione pura è ridotta e il ritmo narrativo è più dilatato. Gran parte del libro è dedicata a dialoghi tra Bond e Tanaka, a descrizioni dettagliate del Giappone e a riflessioni sulla condizione dell’agente segreto.