Il Jazz raccontato da un Maestro

Che spettacolo!

Giacomo Pellicciotti

Giacomo Pellicciotti
Jazz session. Incontri con musicisti straordinari
La Nave di Teseo, 2024, pp. 304
€ 20

Non solo giusto ma anche doveroso verso se stessi, giunti al momento più importante della propria vita non solo professionale, che si testimoni quanto ascoltato e visto nel corso di decenni di passione e partecipazione dei quali s’intende portare a conoscenza chi abbia gli stessi interessi. Ed è un contributo importante, se non prezioso, per ogni lettore, anche a prescindere dai propri interessi per un genere o per un altro.

Chi, come l’autore, ha avuto la possibilità di assistere agli eventi di cui scrive, sa bene che “testimoniare” è quasi un liberarsi dall’unicità della memoria di se stessi portando l’“io c’ero” o l’“io ho ascoltato” o l’“io ho visto” ad altre vite, ad altre emozioni. Viene narrata con grande naturalezza la nascita della passione per la musica “fin da quell’epico 4 giugno 1944, quando schiere di Marines euforici sfilarono in Via Appia Nuova” per poi “da adolescenti più cresciuti divenire pazzi della musica leggera… finché il Jazz divenne un’ipnosi a parte per quegli stravaganti personaggi del Be Bop che si chiamavano Charlie Parker, Thelonious Monk o Dizzy Gillespie”. Incontro fulminante, vissuto come attimo quasi eroico fino a che il Jazz si rivolse “a confondere e mischiare tutti gli stili del secolo precedente… un’antologica confusione di stili e cliché come sta succedendo a più o meno tutta la musica d’oggi”.

Uscire da se stessi e viverli ancora quei momenti, serate che non si chiuderanno mai, fianco a fianco con 25 “musicisti straordinari” e non solo quelli dediti alle Blue Notes: l’anima tanguera di Astor Piazzolla, il solare tropicalismo di Caetano Veloso e Maria Betanha, il boom swing di Cab Calloway, le sorprese fusion di Wayne Shorter, le distoniche armonie di Ornette Coleman, le imprese Hard Bop di Sonny Rollins e Benny Golson, il magnifico e struggente Cool di Chet Baker, l’eleganza formale di Gerry Mulligan, lo straordinario vocalismo di Ella Fitzgerald, il Latin graffiante di Gato Barbieri e, naturalmente, Louis Armstrong, Miles Davis e Keith Jarrett.

Si aggiunga a questo il merito d’aver dato vita al mensile “Gong” (punto di riferimento per molti giovani che, come il sottoscritto, cercavano Suoni diversi e una nuova realtà non solo musicale) e alla Label “Black Saint”, promotrice di ottime incisioni (personalmente mi pento di averne solo una quarantina di quei dischi, grazie alla simpatica disponibilità di Giovanni e Flavio Bonandrini, figure chiave dell’etichetta) e così di Giacomo Pellicciotti si può avere una parziale idea di quanto merito va lui ascritto come giornalista e come uomo di cultura avveduto, lungimirante e versatile. Il giornalista romano è un maestro di giornalismo musicale, testimonianza vivente di quanto quel Jazz che tanto ama ha cambiato la storia della musica, uno scrittore la cui penna è stata, credo non solo nel mio caso, esempio e stimolo per cercare di percorre i passi da lui suggeriti; ancora oggi all’alba delle sue 85 primavere è sempre un piacere leggerlo e meditare sulle sue riflessioni.