La grana splendida del mondo

Poesia

Monreale

Daniela Monreale
Ebbrezza e resa
Il Convivio Editore, 2025, pp. 77
€ 12

Se in un’epoca disincantata la poesia ha ancora un ruolo di testimonianza, lo si deve ad alcune voci che continuano a misurarsi generosamente con il sacro e lo stupore, dove il sacro non è di necessità sinonimo di religioso e lo stupore non coincide con il colpo ad effetto.

Sacro e stupore hanno a che vedere con la possibilità dell’inatteso in un mondo dove tutto è scontato, spesso terribilmente scontato, e il male sembra già aver avuto partita vinta sulla bellezza, sulla giustizia, sulla pietà, sulla blochiana speranza del futuro.

E’ a partire da questo mare di desolazione, da questa “catastrofe che si nutre di umana stupidità” che dobbiamo leggere le immagini di Daniela Monreale: “gli uomini sono crudeli e ignoranti, ne parliamo quasi ogni sera, a tivù spenta, a tavola finita”; “guardiamo l’arena colorarsi di sangue e di torbido scorrere di volti indifferenti”; “ma come fai a dormire se un pianto si fa strada nella notte”; a credere nel domani se è “tutto in un istante annichilito, tutto destituito, come schiacciare una zanzara nel dormiveglia”.

E se l’oggi è una terra desolata, il passato, dal canto suo, continua a ricordarci la “storia fradicia”, la banalità del male di cui siamo fatti: Dachau, Hiroshima, Srebrenica.

Ora, per non arrendersi, si potrebbe dire che servono grandi parole, discorsi edificanti, solenni promesse di cambiamento e di responsabilità, progetti emancipativi (ma quanti ne abbiamo visti fallire?): una specie di palingenesi dell’umanità o qualcosa di simile di cui investire la poesia.

E se servisse invece, come pare suggerirci Monreale, uno sguardo nuovo, un nuovo attaccamento alla vita, l’ebbrezza del vivere capace di cogliere, proprio mentre siamo sul precipizio, “la grana splendida del mondo, la sua rara apparizione”?

Ecco l’inatteso, che da una parte è il disorientamento provato di fronte al male e, dall’altro, è la meraviglia che continua a operare nelle piccole epifanie della vita: nelle folgorazioni, nei segni, nei lampi, nei sogni che ancora facciamo ad occhi aperti e che, nonostante tutto, ci fanno sostare in questo mondo alla ricerca di un “grado zero di felicità”. Per fortuna siamo, non solo perché pensiamo, ma anche perché sentiamo qualcosa di autentico, di profondo, di inviolabile come la vita stessa.

Ritorna il Bloch del principio speranza, in queste pagine. Ma soprattutto, e già a partire dal titolo, il Bonhoeffer di “Resistenza e resa”, il teologo martire del nazismo che mai smise di restare fedele all’umano e al mondo di fronte al più disumano degli uomini e nel più disumano dei mondi.