Condividere la scienza
Il libro del mese
Cosa succede quando si entra dentro un buco nero? In “Buchi bianchi, dentro l’orizzonte” Carlo Rovelli ci fornisce la sua risposta: un’idea che lo accompagna da anni e oggi trova nel libro la condivisione con il grande pubblico dei lettori. Già, perché “Buchi bianchi” è un libro per tutti, volutamente scritto in un linguaggio totalmente comprensibile a chi vi si accosti.
Parlare di divulgazione scientifica è persino riduttivo per quest’opera di Rovelli che già in passato ha prodotto libri divulgativi riuscitissimi. Rovelli nelle pubblicazioni per Adelphi che hanno decretato il suo successo, alla divulgazione (esemplare quella di “Sette brevi lezioni di fisica” del 2014 e “Relatività generale” del 2021) ha affiancato un vero e proprio lavoro di scrittura attorno alla riflessione e condivisione dei nuclei concettuali che scaturiscono dal suo lavoro di ricerca.
Nel primo caso Rovelli si sforza di semplificare, usare metafore e analogie per far comprendere il nucleo delle teorie scientifiche. In questo è bravissimo, ma il discorso resta per forza di cose all’interno del campo scientifico, consentendo a chi non possiede gli strumenti tecnici adeguati di farsi un’idea di quanto ivi contenuto.
Diverso è il caso dei libri di Rovelli che prendono spunto dalle teorie scientifiche per proporre a chi legge una riflessione su alcune loro conseguenze di interesse generale, potremmo dire filosofico in senso lato, attribuendo al termine il suo valore filologico di amore per il sapere. Già con “L’ordine del tempo” (2017) e “Helgoland” (2020) prevaleva questa componente; oggi con “Buchi bianchi” Rovelli consolida tale approccio, instaurando un dialogo diretto con il lettore, raccontando di sé e della sua ricerca, delle sue idee e riflessioni.
I temi sono quelli già emersi nei libri precedenti: il tempo in particolare. Se già la meccanica quantistica e la relatività erano state il terreno scientifico che nelle opere precedenti forniva lo spunto per invitare a ragionare sul tempo, i buchi bianchi rappresentano lo spunto che va oltre le teorie di Bohr e Einstein e ci catturano, proprio come un buco nero, in un percorso al termine del quale l’idea del tempo può subire un capovolgimento.
Come nel suo viaggio Dante percorre il corpo di Lucifero per spuntare nell’emisfero opposto per tornare a veder le stelle e accingersi a iniziare un nuovo viaggio con una nuova guida; così Rovelli ci propone di muoverci con il pensiero all’interno di un buco nero, come se si trattasse di un imbuto allungato al termine del quale ci si rivolta in un buco bianco grazie a un’inversione del tempo, avendo dato addio – nel passaggio – a quanto sapevamo di fisica e del tempo. Anche la forma letteraria sembra suggerire un salto degli schemi tradizionali: la punteggiatura, l’uso delle maiuscole, gli spazi nella pagina ci restituiscono un contatto vivido con il pensiero di Rovelli.
A differenza della Commedia dove il poeta riporta del viaggio in prima persona e in quanto tale prosegue nel racconto; Rovelli, invece, lo descrive dall’esterno, lo riferisce a materia che è altro da sé – osservatore – ed è costretto a fermarsi perché non vi è modo, in tale situazione, di andare oltre: visto, o meglio pensato, dall’esterno è un viaggio infinitamente lungo, potremmo dire al termine del tempo, fino ad arrivare a un annullamento del tempo e una successiva sua inversione.
Sarà forse questa la prossima sfida di Rovelli? Riuscire a pensare oltre? Schiuderci i paradiso di cui i buchi bianchi sono solo la base di partenza? In fondo, anche i buchi neri, quando furono concepiti a partire dalla teoria della relatività generale, sembravano entità puramente matematiche e oggi abbiamo addirittura una loro “foto”. Non è detto che lo stesso non accada per i buchi bianchi. O forse no. Rovelli stesso ci avverte che l’ipotesi potrebbe essere del tutto infondata, potrebbe non trovare mai un terreno di osservabilità e tanto meno verificabilità. O potrebbe più prosaicamente fermarsi qui.
Forse per questo non si tratta di vera scienza? Difficile rispondere. Sicuramente non possiamo richiamarci alle rigidità del metodo scientifico come ci viene insegnato a scuola. Ma d’altronde quante teorie e ricerche non hanno rispettato tali criteri e quante ancora sfuggono ai tentativi di classificazione avanzati dai filosofi della scienza ed epistemologi?
Al di là del grado e misura di scienza, filosofia, elucubrazione mentale o metafisica quella di “Buchi bianchi” è per certo una proposta aperta al lettore, a ogni lettore, da parte di uno scienziato, su questo non vi è dubbio, che nella sua attività ha incontrato alcuni temi fondamentali da voler condividere.
Anche per questo lasciano il tempo che trovano le critiche mosse a Rovelli nel dibattito pubblico: in particolare, quando lo si invita a occuparsi di fisica che è il suo terreno e non approfittarsene della sua celebrità da scienziato per esprimere opinioni su altri argomenti. Ciò che fa di Carlo Rovelli una figura di primo piano nel panorama culturale internazionale è proprio il suo saper essere un grande scienziato che parla e scrive non solo di scienza. E “Buchi bianchi” va letto proprio per questo.