La vita tra parentesi

Dice il saggio

Larsson

Björn Larsson
Filosofia minima del pendolare
Iperborea, 2025, pp. 224
€ 18

In Italia si stima che circa trenta milioni di persone – metà della popolazione – si spostino ogni giorno per raggiungere il posto di lavoro o di studio percorrendo in media trenta chilometri di distanza e trascorrendo, sempre in media, poco meno di un’ora in viaggio.

Björn Larsson, con la sua “Filosofia minima del pendolare” (Iperborea, 2025), riesce a trasformare il pendolarismo, che potrebbe essere percepito come un tempo vuoto e noioso, in un territorio ricco di osservazioni antropologiche, riflessioni filosofiche e momenti di profonda umanità.

“Filosofia minima del pendolare” si concentra proprio su questi momenti apparentemente vuoti, ai quali solitamente non viene concessa neanche la dignità del viaggio, sulla ricchezza delle esperienze marginali, la poesia nascosta nella quotidianità. L’invito è a guardare con attenzione e ironia quegli interstizi della vita che troppo spesso tendiamo a ignorare, non sprecare il tempo, ma a viverlo pienamente, anche quando sembra non accadere nulla.

Larsson definisce il viaggio del pendolare come “tre puntini tra parentesi”, un tempo sospeso che sfugge alla narrazione della vita. È un’immagine che cattura immediatamente l’essenza di quei momenti apparentemente insignificanti trascorsi sui mezzi pubblici, viaggiando avanti e indietro tra casa e lavoro, scuola e università, tra un luogo e un altro.

La pandemia, che ha costretto milioni di persone a fermarsi, in particolare proprio i pendolari, diventa per Larsson un momento di ulteriore riflessione. Di fatto è quello che ha innescato la scrittura stessa del libro, in special modo per chi, come l’autore, si è trovato ad affrontare in quell’occasione due regimi di restrizione così diversi come quello svedese e quello italiano (i due luoghi di pendolarità di Larsson in questi anni). Cosa succede quando il movimento si interrompe? Cosa rimane di tutti quei viaggi apparentemente insignificanti?

L’autore parla da una prospettiva privilegiata: quarant’anni di pendolarismo, addirittura transfrontaliero nel suo caso, prima di pochi chilometri tra Danimarca e Svezia, poi ben più lungo tra Svezia e Italia, per lavoro e per amore. Non è quindi un osservatore esterno, ma un “testimone” che ha vissuto – e continua a vivere – sulla propria pelle l’esperienza del movimento continuo, dell’essere sempre in transito. E proprio parlando si sé in terza persona come “il testimone”, protagonista del libro, Larsson racconta dei suoi pendolarismi.

Il libro, tuttavia, non è affatto un racconto personale, le vicende de “il testimone” sono per lo più lo spunto di un’analisi acuta delle dinamiche sociali che si sviluppano nei luoghi di transito. Larsson osserva con occhio attento e umoristico i comportamenti dei passeggeri, i loro rituali silenziosi, le loro piccole manie. Dalle scarpe alle conversazioni telefoniche, ogni dettaglio diventa un’occasione per comprendere qualcosa in più sulla società contemporanea.

L’autore racconta di suicidi sulle rotaie (una minaccia per ogni pendolare, oltre che per i conducenti dei treni), anziani che conversano del tempo, immigrati che condividono storie di vita, di studenti costretti a lunghi tragitti, restituendo dignità a quelle esistenze spesso invisibili. Il pendolarismo diventa così una metafora più ampia: un modo per esplorare temi come l’identità, l’appartenenza, la libertà.

Nonostante la profondità delle sue analisi, Larsson mantiene sempre un tono leggero e ironico. Cita filosofi e letterati (da Beckett a De Beauvoir, da Orwell a Camus e molti altri) non per ostentazione accademica, ma per arricchire la narrazione di significati. Fa spesso divagazioni sui terreni della matematica, della fisica, della religione, mostrando uno spettro di interessi e spunti di riflessione davvero notevole, per quanto sempre mantenuto a un livello accessibile per il lettore.

Il pendolarismo viene descritto come un’esperienza quasi esistenziale: un momento in cui si è sospesi tra partenza e arrivo, né qui né là, in uno spazio che sfugge alle definizioni tradizionali. È un tempo in cui si può respirare, riflettere, osservare il mondo con distacco.

Strettamente legato al pendolarismo è il concetto di casa. Per Larsson, che ha vissuto in diversi paesi (compresi alcuni anni passati su una barca), la casa non è più un luogo fisico ma un insieme di relazioni, di affetti, di libri. È un concetto liquido, che si adatta ai movimenti e alle trasformazioni personali, pur entrando in conflitto con le rigidità burocratiche in situazioni che vengono raccontate con tono scanzonato: l’appartenenza come scelta consapevole, non come vincolo geografico o culturale. “Filosofia minima del pendolare” riesce così a parlare a chiunque, non solo ai pendolari, e catturare con simpatia e interesse alla lettura. È un racconto che va oltre l’esperienza specifica per diventare una riflessione più ampia sul movimento, sul tempo, sulle piccole cose che danno senso all’esistenza.