Antonio Pappano: Primo Atto
Che spettacolo!

Antonio Pappano
La mia vita in musica
Marsilio, 2024, pp. 320
€ 20
Molto stimolante e coinvolgente, questa pubblicazione di Marsilio: Antonio Pappano “La mia vita in musica”. Lettura viva, fluida e coinvolgente, di colui che sembra, a tutta prima, essere un entusiasta della Musica, e del proprio ruolo in essa.
Personalmente, un po’ le foto, un po’ il testo, un po’ i video, trovo più di un punto di contatto, con un maestro assoluto della bacchetta, del 20mo Secolo, Leonard Bernstein.
Se si vuole, in una versione un poco più temperata. Comunque, in certe cose, assai simile.
È ammirevole la onestà con la quale racconta le sue “radici” beneventane, diciamo, all’antica “Sannitiche”. Gente di campagna, meridionale, che viveva ancora nel secondo dopoguerra, la “Vita dei campi”, con fatica e pena intense.
A metà anni 50 emigrano in Inghilterra, e li si sposano. Il loro primogenito nasce, vorrei dire, in una data quasi simbolica: 30 Dicembre 1959: fine del decennio, che si apre agli anni Sessanta.
Vita dura e difficile anche in Inghilterra. Ma almeno compensata da un certo benessere di base, dopo i primi tempi.
Ancora una dozzina di anni e, consolidata alquanto la parte economica, il grande balzo:1973 negli States, dove ci stavano molti cugini e parenti. Dal padre, dotato di una evidente predisposizione tenorile, un po’ come nel caso Pavarotti, il giovane Antonio prende la passione per il canto, e si impegna nello studio del pianoforte, ripassando a casa, e accompagnando le esibizioni “riservate” paterne, oltre a sviluppare lui stesso il registro di tenore.
Oslo, 1981, è il primo importante incarico e, Bruxelles, 1984, la prima esperienza come direttore di orchestra.
Il resto lo lascio al piacere della lettura e delle scoperte. Ma corre l’obbligo di una riflessione. Non ho alcun dubbio sulla “vocazione” autenticamente musicale del Maestro, che ha finora lasciato ampia prova di grande talento e qualità di interprete (ricchissimo l’apparato discografico Audio/Video, a chiusura del volume). Dopo un primo momento, sono entrato nel “flusso vitale” di decine e decine, se non centinaia di personaggi di questo mondo, almeno nei 2 continenti, incontrati e frequentati, spesso a ritmi vorticosi, in questi 40 anni.
Convince meno (secondo me), questo uso costante, quasi a martello, di aggettivi superlativi, poco differenziati, per ognuno di essi. Solo di rado, molto di rado, compaiono opinioni più critiche e dubbiose. Si ha la sensazione che, nella storia personale dell’artista, diciamo così, 95 volte su 100, la Fortuna gli abbia fatto incontrare individui quantomeno ammirevoli; se non veri fenomeni.
E a me, parafrasando il titolo di un famoso film, resta “L’ombra del dubbio”.
Trovo molto riusciti, in senso strettamente musicale, i capitoli dedicati rispettivamente a Wagner, Mozart e Verdi. Pur evitando di addentrarsi in specifiche analisi, è molto vibrante e convincente quello che viene detto, a sostegno della passione che prova per questi compositori.
Ci sta poi forse il capitolo più intrigante, pur se contrastato: quello dei 18 anni a guida della Orchestra del Conservatorio di Santa Cecilia (2005/2023). Leggo grandi e sinceri apprezzamenti per la compagine, “aggiornata” non senza tensioni e contrasti, di una trentina di ottimi elementi. Come pure per l’apparato corale e tecnico.
Sempre all’insegna, diciamolo pure, del “braccio di ferro”, lo svecchiamento massiccio, nel Repertorio e nei Cartelloni, con massicce iniezioni sia di compositori del Secondo Novecento, come di lavori anche celebri, del repertorio classico-romantico-decadente, fino a Impressionismo ed Espressionismo, assai poco frequentati: almeno sulla piazza di Roma.
A suo merito esclusivo diverse “Tournées” all’estero, dai riscontri molto positivi, così come parecchie incisioni Audio e nastri Video, con realizzazioni di alto livello.
Eppure serpeggia, in questo lungo excursus, sia una serie di contrasti con i vertici della istituzione, come una amara constatazione della “sordità” politico/amministrativa, nei 18 anni, assolutamente trasversale, ai rappresentanti locali, si direbbe, dell’intero Arco Costituzionale e Parlamentare. Ciò che si è ottenuto, è stato davvero sudato, da questo punto di vista. Almeno, il pubblico e gli Abbonati, hanno sempre mostrato di apprezzare e gradire, in altissima percentuale, questo poderoso sforzo di svecchiamento e di rilancio internazionale.
Politica e Cultura in Italia hanno sempre avuto rapporti tormentati/torturati. Nessuno escluso.
È un male endemico, atavico. Responsabili pubblici scelti con competenza e criterio, sono sempre state mosche bianche (o se preferite, perle nere).
Da questo punto di vista, un debito immenso di gratitudine per il direttore Italo-Anglo-Americano, di radici Sannitiche. Come i suoi avi furono ossi durissimi per i Romani, pure lui, ha la stoffa del combattente tosto e determinato, nella battaglia di apertura culturale, e al mondo. Bravo Maestro! Mai mollare! Mostriamoci i degni eredi di Bellini, Verdi, Puccini e gli altri geni, che popolano i Teatri del Pianeta Terra!