Il nemico interno delle democrazie
Dice il saggio

Alexandre Koyré
La quinta colonna
A cura di Marco Dotti
Meltemi, 2025, pp. 76
€ 10
“La quinta colonna” di Alexandre Koyré, pubblicato per la prima volta in italiano nel 2025 da Meltemi con la curatela di Marco Dotti, è un saggio breve ma denso, originariamente apparso nel 1945 sulla rivista «Renaissance» di New York. Il testo, scritto durante l’esilio americano di Koyré, analizza un fenomeno politico e sociale cruciale del Novecento: la “quinta colonna”, ovvero il nemico interno che agisce in sintonia con un avversario esterno per sovvertire l’ordine costituito. Koyré, noto principalmente come filosofo e storico della scienza, rivela qui un volto meno conosciuto ma altrettanto acuto: quello di un pensatore politico capace di leggere le dinamiche controrivoluzionarie e le fragilità delle democrazie moderne.
Come spiega Marco Dotti nella postfazione del libro l’espressione “quinta colonna” nasce durante la guerra civile spagnola (1936-1939), attribuita al generale franchista Emilio Mola Vidal, che evocò una colonna clandestina di sostenitori pronti a sostenere l’assedio di Madrid dall’interno. Koyré per la verità nel testo la attribuisce direttamente al generalissimo Franco, ma pare che questa sua versione non risponda a verità e il discorso di incitamento alle quattro colonne in marcia verso la capitale spagnola fosse stato pronunciato da Mola Vidal. Al di là dell’esatta origine storica e della sua collocazione nel conflitto spagnolo, l’importanza del saggio di Koyré risiede nell’estende questo concetto a un archetipo politico: la quinta colonna rappresenta la controrivoluzione preventiva, un’alleanza tra élite conservatrici e forze esterne per preservare privilegi economici e sociali, anche a costo di tradire la collettività.
Koyré sottolinea come il fenomeno sia tipico delle società democratiche borghesi, dove la tensione tra cittadino e “possessore” crea fratture sfruttabili da movimenti reazionari. La quinta colonna, dunque, non è un semplice tradimento, ma un sintomo della crisi dello Stato nazionale, dove l’interesse privato prevale sul bene comune. Le riflessioni di Koyré suonano profetiche oggi, in un’Europa attraversata da nazionalismi, sovranismi e crisi democratiche, dove le “quinte colonne” sembrano riemergere in forme nuove, spesso alimentate da disinformazione e populismo.
Alexandre Koyré (1892-1964) è una figura poliedrica del pensiero del Novecento. Nato in Russia da una famiglia ebraica, studiò con Husserl e Hilbert in Germania prima di trasferirsi in Francia, dove divenne cittadino francese nel 1925. Noto per i suoi lavori sulla rivoluzione scientifica (come “Dal mondo chiuso all’universo infinito”), Koyré ha rivoluzionato l’epistemologia, influenzando Thomas Kuhn e Paul Feyerabend con la sua idea di “rivoluzione scientifica” come rottura epistemologica.
Tuttavia, “La quinta colonna” mostra un Koyré diverso: un intellettuale engagé, vicino alla Francia libera di De Gaulle durante la Seconda guerra mondiale. Anche sul piano biografico c’è un Koyré meno noto, preso dalle vicende politiche del suo tempo, approfondito qualche anno fa nell’interessante studio di Paola Zambelli “Alexandre Koyré in incognito” (Olschki, 2016) e illustrato qui dal curatore. Fondatore dell’École libre des hautes études a New York, Koyré scrisse questo saggio come un monito contro le derive totalitarie e le fragilità delle democrazie. La sua analisi si intreccia con la storia personale: l’esperienza della rivoluzione russa, l’esilio, la resistenza al nazifascismo.
Il volume, curato da Marco Dotti, include non solo il saggio di Koyré ma anche una postfazione che ne contestualizza il pensiero. Dotti ricostruisce la biografia politica di Koyré, evidenziando come il filosofo abbia sempre coniugato rigore teorico e impegno concreto. Il saggio si divide in tre nuclei principali. Nel primo Koyré traccia la genealogia della quinta colonna, collegandola alla guerra civile spagnola e alle conquiste hitleriane. Poi passa all’analisi della controrivoluzione: La quinta colonna è un fenomeno elitario, dove le classi dominanti sacrificano la libertà per proteggere i propri privilegi, alleandosi con il popolo attraverso un’ideologia nazionalista. Infine, Koyré si concentra sull’attualità del fenomeno, anticipando crisi future e descrivendo come le democrazie possano essere erose dall’interno da oligarchie e populismi.
Koyré scrive nel 1945, ma le sue parole risuonano oggi con inquietante precisione. La crisi dell’Unione Europea, l’ascesa di movimenti ultranazionalisti, il ruolo dei media digitali nel diffondere disinformazione: molte sembrano le conferme alla sua tesi. La quinta colonna non è un relitto del passato, ma un pericolo sempre presente, che si adatta alle nuove forme di comunicazione e potere.
La curatela di Dotti aggiunge valore al testo, collegandolo al dibattito contemporaneo su democrazia e manipolazione. Come nota Dotti, Koyré parla di “controrivoluzione preventiva”, un concetto che ricorda la “rivoluzione passiva” di Gramsci e che oggi potrebbe applicarsi alle derive autoritarie delle democrazie occidentali. In un’epoca di sfide globali, dalle pandemie alle guerre, il monito di Koyré suona chiaro: la democrazia è fragile, e la sua difesa richiede vigilanza costante contro i nemici interni. Questo saggio, breve ma intenso, è una guida per non smarrire la rotta.