Cent’anni di memoria viva

Testimonianze

Fantin

Alessandro Fantin
Dio mi deve chiedere perdono.
La storia di Luciano Battiston un ragazzo di campagna deportato a Mauthausen
nuovadimensione, 2025, pp. 240
€ 17

“Dio mi deve chiedere perdono” di Alessandro Fantin racconta la storia di Luciano Battiston, 101 anni compiuti a ottobre 2024, nonno dell’autore e tra gli ultimi sopravvissuti ai lager nazisti ancora in vita. La testimonianza di Battiston era già comparsa negli scorsi anni nell’opera di video-documentazione di Marco Coslovich. Il libro di Fantin, pubblicato nella collana Memorie dell’editore nuovadimensione, ripercorre la vita di Battiston dalla giovinezza fino ai giorni nostri, concentrandosi in particolare sulla sua esperienza di internamento durante la Seconda Guerra Mondiale.

Il titolo del libro riprende una scritta trovata su un muro del lager di Mauthausen: “Padre eterno, se ci sei, mi devi chiedere perdono”. Questa frase racchiude l’essenza del racconto: una dolorosa testimonianza degli orrori subiti, ma anche un’affermazione di fede nonostante tutto.

Il libro è la rielaborazione del lavoro di tesi di laurea dell’autore e ciò ha consentito di seguire un criterio rigoroso che aggiunge valore all’opera. Fantin ha condotto diverse interviste con il nonno, registrando i suoi racconti e traducendo in italiano la narrazione originariamente in dialetto. Un elemento ricorrente nel libro è la difficoltà di Battiston nel ricordare con precisione date e tempi durante la prigionia, nonché la descrizione dei suoi stati emotivi durante gli incontri con il nipote. Questo dettaglio, lungi dall’essere un limite, arricchisce la narrazione, mostrando come l’esperienza traumatica del lager abbia alterato la percezione del tempo del protagonista.

Fantin riesce a intrecciare il racconto personale di suo nonno con informazioni storiche più ampie sul campo e sul contesto della guerra. Nel libro il corpo del testo dove a scrivere è il Fantin studioso di storia, si alterna alle parti in corsivo, dove subentra la testimonianza del racconto di Battiston.

La narrazione inizia con la descrizione della famiglia di origine: siamo nella campagna pordenonese di fine Ottocento, i nonni, i genitori, per arrivare finalmente a parlare di sé e della sua infanzia travagliata da una sofferenza asmatica. A diciotto anni Luciano viene richiamato al servizio militare. L’Italia è già entrata in guerra e tutto lascia pensare che dovrà partire per la campagna di Russia, ma l’armistizio dell’8 settembre 1943 gli consente di gettare la divisa alle ortiche e nascondersi nel paese natio di Fagnigola.

L’occupazione nazista e la Repubblica Sociale Italiana porranno termine a questo periodo: Luciano Battiston, ventunenne, è arrestato come disertore nel gennaio del 1945 durante un rastrellamento. Dopo essere stato torturato dai fascisti della “Banda Vettorini” e condannato a morte, viene graziato e l’esecuzione sospesa, ma deportato a Mauthausen nel febbraio del 1945, dove gli viene assegnato il numero di matricola 126625.

Fantin descrive in dettaglio le terribili condizioni di vita nel campo: il lavoro estenuante, le violenze quotidiane, la fame costante. Particolarmente straziante è il racconto della “Scala della Morte”: 186 gradini che i prigionieri dovevano salire carichi di pesanti blocchi di pietra. La narrazione non risparmia i dettagli più crudi, come quando Battiston racconta di aver mangiato erba e catrame per placare la fame o gli esperimenti medici condotti sui prigionieri e la complicità della popolazione civile che viveva nei pressi dei campi. Il libro segue Battiston anche nei sottocampi di Amstetten ed Ebensee in cui fu trasferito nel corso del suo internamento.

Un elemento centrale del racconto è l’amicizia tra Luciano e il compaesano Luigi “Vigi” Belluz, ritrovato nel campo. Anche a lui, oltre che al nonno protagonista del racconto, Fantin dedica il libro. Luciano e Vigi a Mauthausen stringono un patto: “O via tutti e due o a casa tutti e due”. Questa alleanza e solidarietà umana che persiste anche nelle condizioni più estreme si rivelano fondamentali per la loro sopravvivenza.

La liberazione del campo, il 6 maggio 1945 ad opera delle truppe americane, non segna la fine delle sofferenze di Battiston. Il libro descrive il difficile ritorno a casa a piedi fino a Pordenone, con Luciano ridotto a pesare 28 chili e irriconoscibile persino agli occhi della madre. Un aspetto interessante del libro è l’attenzione dedicata al periodo post-bellico: Fantin racconta come suo nonno, nonostante le terribili esperienze vissute, sia riuscito a perdonare i suoi persecutori, processati nel dopoguerra, ma non nasconde le difficoltà incontrate dai sopravvissuti nel reinserirsi nella società e tornare alla vita normale, tanto che Battiston si trovò costretto a cercare lavoro all’estero, prima in Francia e poi in Venezuela e il senso di colpa per essere sopravvissuti, la difficoltà nel raccontare l’orrore vissuto, la paura di non essere creduti o compresi. Per fortuna, il libro ci offre un lieto fine: Luciano Battiston circondato dalla sua famiglia il giorno del suo centesimo compleanno nel 2023, un grande traguardo immortalato anche in una foto che compare nell’apparato iconografico a conclusione del volume a impreziosirlo insieme alla prefazione di Carlo Greppi che alle vicende dei lager ha dedicato molta della sua attività di storico e scrittore e una postfazione di Patrizia Del Col, Presidente dell’ANED (Associazione Nazionale Ex-Deportati nei campi nazisti) di Pordenone.