Ah, questi giovani d’oggi!
Dice il saggio
Le più antiche testimonianze scritte dell’umanità, risalenti alle civiltà mesopotamiche, riportano lamentele e critiche indirizzate alle nuove generazioni che, allora come oggi, non sarebbero più come quelle di una volta. Dalle tavolette di argilla di allora ai social e opinionisti nostrani la schiera è lunga di chi punta il dito contro i giovani, gli adolescenti in particolare. Più rare e interessanti sono le figure di coloro che si sforzano di capire le ragioni dei mutamenti generazionali, senza pregiudizialmente condannarli; anche perché dalla loro comprensione se ne possono trarre indicazioni utili non solo per capire i giovani, ma anche chi giovane non è più.
Matteo Lancini, psicologo e psicoterapeuta, nella sua attività clinica e come Presidente della Fondazione Minotauro di Milano incontra molti adolescenti e famiglie; attraverso libri e conferenze riflette con un punto di vista, che non è quello della condanna, su fenomeni quali social media e internet, disturbi alimentari e ritiro sociale, bullismo, videogiochi, ansia, suicidio e autolesionismo. “Sii te stesso a modo mio. Essere adolescenti nell’epoca della fragilità adulta” (Raffaello Cortina, 2023) è il suo ultimo libro, a distanza di due anni da “L’età tradita. Oltre i luoghi comuni sugli adolescenti” (Raffaello Cortina, 2021) che già lo aveva visto schierato su questa linea di pensiero.
“Sii te stesso a modo mio” è per certi versi un aggiornamento di quanto già esposto in precedenza alla luce di ciò che è intervenuto con la pandemia. L’evento pandemico ha avuto ripercussioni significative nel mondo adolescenziale, ma, anche qui, è interessante seguire il ragionamento dell’autore per quanto riguarda l’individuazione delle cause e degli effetti, lasciando da parte il discorso su colpe e difetti dei giovani: la pandemia ha esacerbato fenomeni che erano già presenti, in molti casi ha permesso che venissero fuori anche laddove si tendeva a nasconderli.
Gli studi sulla mobilità indipendente dei bambini mostrano come dalla fine degli anni ’70, nell’arco di una sola generazione, siano letteralmente crollati gli indici dei bambini che escono soli da casa, trascorrono i pomeriggi in cortile, vanno da soli a scuola, al parco, in piazzetta o al muretto sotto casa. Connessi a questo fenomeno sono stati, alla fine del XX secolo, la diffusione delle auto, l’espansione urbanistica, la diffusione di attività ricreative organizzate, le maggiori preoccupazioni per la sicurezza da parte dei genitori e più in generale le abitudini familiari.
Il confinamento in casa dei ragazzi o il loro uscirne solo per attività organizzate e presidiate dagli adulti è cominciato ben prima dell’avvento dei social e della onlife. Questi ultimi, semmai, sono intervenuti successivamente a incontrare la domanda di relazioni virtuali autonome in assenza di quelle dal vivo e sfruttando i meccanismi di dipendenza hanno catturato le nuove generazioni (senza peraltro escludere quelle precedenti). La madre virtuale che gestisce tutto a distanza precede di alcuni decenni la madre-whatsapp attuale, così come la crisi del maschile anticipa di gran lunga il padre ridotto ad appendice genitoriale materna, che non riesce ad aiutare i figli adolescenti a confrontarsi con il cambiamento e le idee di fallimento e morte.
Nello stesso arco storico, in chiave psicoanalitica, si è passati dal paradigma edipico a quello narcisistico, per arrivare, come suggerisce Lancini, a un nuovo scenario che si sta delineando dopo la pandemia: l’epoca del post-narcisismo, ben sintetizzata dallo slogan che dà il titolo al libro “Sii te stesso a modo mio”. In questo doppio vincolo che alimenta vissuti dissociativi, famiglie sempre più affettive non si limitano a volere figli realizzati e competitivi, ma chiedono alle nuove generazioni di perseguire tali obiettivi non solo perché siano quelli degli adulti (l’ideale dell’Io narcisistico), ma anche i loro personali (il tu a modo mio post-narcisistico).
Se, in un’ottica sistemica, il ruolo degli adulti andrebbe sempre considerato quando ci si confronta con l’adolescenza, anche in chiave psicoanalitica è proprio la fragilità adulta ad essere una parte fondamentale della situazione attuale. L’estrema fragilità degli adulti è infatti strettamente connessa alla loro incapacità di immedesimarsi con gli adolescenti. Il fatto che gli adolescenti di oggi siano i più protetti, ascoltati e considerati dagli adulti rispetto a ogni generazione che li ha preceduti, non significa che vi sia un’identificazione, un sapersi mettere nei loro panni per quanto riguarda pensieri e sentimenti, tantomeno in quelli negativi sul corpo, sulla morte, sulla solitudine che pure sono così presenti negli adolescenti.
La fragilità adulta, nella società algofobica che rimuove dolore e sofferenza, impedisce che le fragilità adolescenziali possano essere riconosciute, affrontate, sostenute. Esse emergono solo come sintomo per venire poi medicalizzate e affidate al circuito di specialisti. L’adolescente iper-attenzionato teme di deludere o non interessare con le sue fragilità l’adulto a sua volta fragile, mettendogli davanti le sue stesse debolezze che il giovane riconosce perfettamente. Da questo mancato doppio riconoscimento scaturiscono atteggiamenti adulti nei confronti degli adolescenti che ricorrono ai vecchi meccanismi – in questo straordinariamente simili al passato – di divieti, proibizioni, privazioni, voti e note disciplinari che in un quadro post-narcisistico appaiono del tutto inadeguati perché confondono le cause con gli effetti e individuano capri espiatori nello smartphone, nei social, nel videogioco, nella dad, nel bullismo…
“Sii te stesso a modo mio” è dunque una lettura consigliata a genitori, insegnanti, operatori e chiunque si trovi ad avere a che fare con adolescenti. È la premessa a un’auspicabile educazione emotiva degli adulti che consenta di capire meglio e riflettere su quali siano le dinamiche che vivono i giovani che abbiamo di fronte, ma anche noi stessi e le nostre fragilità.