Ipocrisia diplomatica

Quel che è successo ieri è che i rappresentanti di 31 Stati europei, asiatici, arabi e latinoamericani si sono recati a visitare un campo profughi a Jenin nei territori occupati e alcuni soldati dell’esercito israeliano hanno sparato alcuni colpi in aria a scopo intimidatorio. Da quel momento si è scatenata giustamente la protesta dei governi rappresentati dai diplomatici e dai funzionari in visita e alcuni – come l’Italia – hanno convocato l’ambasciatore israeliano del proprio Paese per protestare. Non era mai accaduto di fronte alle decine di migliaia di palestinesi uccisi nella Striscia di Gaza, alla violazione palese dei più elementari diritti umani e alla strage in atto. È bastata la paura e l’offesa arrecata a uno dei nostri per far capire al mondo intero che nel linguaggio diplomatico il peso delle vite umane è diverso a seconda della nazionalità. I più di 50.000 morti di Gaza contano meno dello spavento di un vice-console. Se volevamo la misura dell’ipocrisia nei rapporti tra gli Stati o della stessa diplomazia, ieri ne abbiamo ricevuto una chiarissima dimostrazione.