Pixel, la tv in briciole – Treno/spot

C’è la pubblicità fatta in corsa: tanta; oggi quasi tutta. Si raccatta un ‘testimonial’ che sia tale per una notorietà qualunque, lo si mette in scena con il/un prodotto tra le mani e con qualche battuta da pronunciare, dentro una ambientazione generica o marchiettata: fine. C’è la pubblicità quasi sketch sempre con un testimonial che qui però ‘gigionegga’ (il termine più preciso sarebbe un altro ma … non da Rocca) mentre si reca a fare quel certo acquisto o abbonamento, talvolta in compagnia di una ‘spalla’ utile per la scena. Fine di nuovo.




Si trascurano gli spot da mero ‘consiglio per gli acquisti’: termine per il quale si può tranquillamente essere ‘non grati’ a Maurizio Costanzo. Questa pubblicità, fatta meglio, sino al 1977 sarebbe stata ‘il codino’ di promozione esplicita in un Carosello, che era costruito, come si sa, con brevi parti spettacolari (microsceneggiati, o cartoon specifici, o esibizione di ballo e in canto, o pseudo/interviste…) e poi da uno slogan di forte impatto – tanto per rammemorare, in tema di dentifricio: “Con quella bocca può dire ciò che vuole” (rivolto a Virna Lisi, su testo di Marcello Marchesi), seguito dalla pubblicità esplicita.
Gli anni Ottanta/Novanta avevano poi generato le pubblicità seriali e a catena. Citando a caso: Una telefonata ti allunga la vita, Topo Gigio – poveretto – posto a canticchiare É sempre l’ora… di quei certi biscottini, “Mulini Bianchi” multiformi, La scheda telefonica… Persino la (pseudo) cronaca di un rientro da un volo spaziale con l’astronauta rimasto all’esistenza di una ‘grande madre Russia’ e una contadina, rimasta a terra, che ben lo documentava sul fatto che li si fosse… in Ucraina.
Ma per rimanere al tema spot, anche queste tipologie ante/2000, tutte, con Carosello avevano in comune la scelta, come base editoriale, di un solo genere televisivo, classico, uniforme, dentro cui costruire la mini-vicenda/spettacolo/cartoon.
Nell’oggi, accanto alle proposte meno felici elencate in apertura, si scoprono alcune nuove ‘combinazioni’ di linguaggio che vanno oltre quella chiave di omogeneità di genere, soprattutto nelle pubblicità ‘pensate’ ovvero fortemente costruite e strutturate come ideazione e perciò ricche di spunti nel loro proporsi.
È il caso di uno spot del trasporto ferroviario, cui s’è dedicata una colonna su Rocca 20/2025per la rubrica Rf & Tv. L’invito è a leggerlo tenendo questo Pixel come appunto generale, sino a questa riga, e come approfondimento possibile, da qui a seguire.
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Lo spot mira a dichiarare la magia del viaggio. Si compone e scompone su almeno sei generi narrativi: il western, la fantascienza, la robotica/transformer animata, la divulgazione astronomica, il linguaggio cartoon delle Anime, la quotidianità e un balenio di citazioni da film: più linguaggi, dunque, molti generi e modalità diverse tra loro di comunicazione. Il tutto in chiave dinamica: con stacchi video nell’ordine dei tre secondi medi e, dentro ciascuno, movimenti di macchina in ripresa, zoom, carrelli… ad anticipare o seguire l’azione. Ma soprattutto procedendo – qui il dato nuovo – per accostamenti inattesi e, a tutta prima, persino impropri, ma pensati per creare una sorta di flusso magico/poetico.
Parametrando sul linguaggio scritto: non parole ma frasi; non termini ma enunciati; non figure ma dinamismi. Si sta così saccheggiando, brutalmente e forse irresponsabilmente, Paul Ricoeur attraverso la traduzione e la mediazione di Giuseppe Grampa, suo allievo prediletto in Italia: “Ben metaforizzare equivale ad una sorta di errore calcolato, ovvero far scaturire una relazione di senso nuovo tra termini che sembravano impertinenti. La metafora, in tal modo, è creativa…” (così nell’Editoriale del volume Dire Dio. Per un’ermeneutica del discorso religioso, del 1978, nella collana Giornale di teologia di Queriniana, diretta da Rosino Gibellini).
È un azzardo scomodare l’ermeneutica del linguaggio religioso per la pubblicità? Probabilmente lo è. Ma portare l’analisi persino – ciò che è un rischio – al di là dell’intenzione di chi comunica può aiutare a valutare, interpretare, discernere, in termini di senso, quel che può giungere a chi vede, guarda, raccoglie ed accoglie più o meno consapevolmente.
Perché poi tutto questo si adagia nella vita quotidiana: ci rientra persino nello spot. È la cameretta di un bimbo dai capelli color carota (si cita Jannik?) a raccogliere infatti il tutto riducendo il treno ad un identico giocattolo da modellistica mentre cowboy, cavalli, robot trasformer, pantere e pupazzi in nero sono giocattoli sparsi, con altri, tutt’intorno sul tappetone da gioco che occupa la cameretta mansardata col lettino a fondo parete.