L’odore della memoria “In quel dato momento tu cosa hai fatto?”

Singolari le recenti vicende artistiche di Ahmet Güneştekin, specialmente in relazione all’ultima esposizione YOKTUNUZ eravate assenti, attualmente alla GNAM(C) di Roma, in quanto il susseguirsi di polemiche, anche sindacali, che l’hanno riguardata, si sono inserite nella storia incrementandone il senso.
Le polemiche hanno portato alla rimozione di un’opera che avrebbe, stando alle dichiarazioni sindacali, generato malessere in alcuni addetti alla sorveglianza del museo romano, tanto da richiedere ufficialmente l’ispezione degli oggetti insalubri all’interno del percorso espositivo e l’utilizzo di una mascherina. Cos’è accaduto all’odore della memoria di Ahmet Güneştekin e la povertà come esperienza sensoriale? Vicende complesse, in cui non si individua con esattezza il confine tra volontà e risultato. Reminiscence Bump, istallazione compresa nella mostra YOKTUNUZ-Eravate assenti, è stata costretta a diverse redazioni a causa dell’impatto nauseabondo, derivante, secondo le intenzioni dell’artista, dall’uso delle calzature, costitutivo dell’opera. Le polemiche sorte hanno imposto una diversificazione della disposizione, effettuata dall’artista stesso, certamente depotenziata, ma il rimando al lavoro originario fa sì che quello che si vede, aggiunto a quello che si sa, non annulla il valore della proposta. Le sue origini e la sua storia garantirebbero la sua buona fede, escludendo la ricerca dell’effetto e la consustanzialità dell’odore con l’opera per centrare l’obiettivo.
Gli era già accaduto, per altre ragioni, con l’opera Kostantiniyye (Costantinopoli), nella capitale turca e per ben altre sette volte. Decisamente un soggetto sotto tiro.
La GNAM, in particolare nella sala in cui troneggia l’Ercole e Lica di Canova, episodio della mitologia casualmente(?) ambientato verso le sponde turche, è il luogo dove le narrazioni si intrecciano e si amplificano. Qui l’arte contemporanea diventa strumento per esplorare la memoria individuale e collettiva, per dare voce a un passato spesso dimenticato o marginale, legando miti antichi a ferite attuali, mediante un vis-à-vis vibrante con i capolavori della Galleria Nazionale.
Ed è qui che grazie anche all’ambientazione le installazioni e sculture di Güneştekin evocano una drammatica peregrinazione nelle arterie del Mediterraneo, dalla Mesopotamia all’Anatolia, tra leggende riesumate e sofferenze comuni. Esodi, fughe, vuoti plumbei incombenti come il nero, cifra prevalente della sua estetica, cui il bianco abbagliante del Canova fa da contrasto, così come i colori dei dipinti alle pareti.
Ogni lavoro agita un’urgenza umana: raccontare i dimenticati. È una tensione che mette in scena Güneştekin. Le sue opere, esposte accanto a quelle di altri grandi artisti, invitano il pubblico a interrogarsi sulle esperienze fondative che hanno plasmato la propria identità, sul ruolo della povertà, del ricordo e dell’arte nel costruire un senso di appartenenza, in questo caso più che ad un popolo ad una condizione umana.
Ahmet Güneştekin, curdo, tra i nomi più importanti nella scena anatolica contemporanea, benché di etnia malvista, nato a Batman nel 1966, ha sempre intrecciato la sua ricerca artistica con la memoria dei luoghi, dei miti e delle esperienze vissute, trasformando ogni gesto creativo in un atto di rievocazione e resistenza.
Nel silenzio rarefatto della sala della GNAM di Roma, quando qualcuno gli/si chiede: “In quel dato momento tu cosa hai fatto?”, la risposta dell’artista non è solo un racconto biografico, ma un viaggio sensoriale nella memoria collettiva e personale, ma anche un tragitto nel labirinto cosparso di minacce del presente.
Reminiscence bump il picco della memoria. Il “Reminiscence Bump” è un fenomeno oggetto di studi psicologici: indica il picco di ricordi che si accumulano tra l’adolescenza e la prima età adulta, un periodo in cui le esperienze si imprimono, nel bene e nel male, con vigore e rimangono sensibili per tutta l’esistenza. Nelle sale della Galleria, le opere di Güneştekin sembrano innalzarsi verso questo picco di memoria: colori, incisioni sulla tela, disposizione di oggetti nello spazio, ogni alterazione voluta dell’atmosfera è un’orma di un ricordo che riaffiora, un tentativo di fissare per sempre ciò che è sottoposto al rischio di essere cancellato dal tempo. Güneştekin proviene da una famiglia numerosa e di modeste condizioni, ha spesso raccontato come la povertà abbia segnato la sua infanzia non solo materialmente, ma anche attraverso le percezioni sensoriali. “La povertà ha un odore.” (potremmo aggiungere che la ricchezza profuma, ma la polemica trita non è ospitata nelle proposte dell’artista) Non è solo una frase, ma una realtà che attraversa la memoria sensoriale di chi l’ha vissuta. “La povertà – insiste – ha un odore che non si cancella, che si porta dentro anche quando la vita cambia direzione.” L’odore della povertà è spesso descritto come aspro, invasivo, indimenticabile: un misto di rinuncia, mortificazione, dignità e sopravvivenza. Una traslazione attuale in senso sociale della borghese madeleine Proustiana che invece tende a scatenare reazioni nostalgiche. Una traghettata nel presente e nel reale collettivo e politico di un impatto crudo. Reminiscence Bump l’opera chiave, è costituita da centinaia di calzature usate: da profughi – perseguitati – affamati – vittime, assemblate sulla parete come un’istallazione vivente. La memoria olfattiva si trasforma inmateria, colore, forma: la povertà diventa parte del lessico visivo, un elemento che non si può ignorare e che diviene dignità, resilienza, identità. L’evocatività delle calzature si ripropone, come in molti altri esempi in cui, con intenti diversi, assumono la funzione di istallazioni; a Srebrenica, sotto teche di vetro, centinaia di scarpe raccolte sul cammino della fuga verso Tuzla, scarpe da uomo, da ragazzo, da bambino; non c’è la sensazione olfattiva nel bronzeo memoriale ungherese della shoah sulla riva del Danubio a Budapest. Singolare e tutto sommato affine a Reminiscence Bump, “Mettiti nelle mie scarpe” / A Mile in My Shoes di Clare Patey, una performance itinerante in cui al momento aMilano, Piazza XXV Aprile, i visitatori possono indossare scarpe appartenute ad altre persone e ascoltarne le storie tramite podcast. L’obiettivo è stimolare l’empatia e la comprensione delle vite, qualsiasi in questo caso.
Ma un antecedente importante, concettualmente parallelo, si rintraccia in Colombo Manuelli, nella mostra Valori d’uso, Perugia, Rocca Paolina, 1980; la messa in scena del lavoro attraverso un’oggettistica misera, sudata e impregnata di fatica e odori, simboli autoreferenti di storie vere: tute blu da metalmeccanico sporche di olio esausto, slabbrate e ricucite, scope e attrezzi da lavoro logori; un Reminiscence Bump orientato verso il sociale, a rendere viva la fatica e la condizione di una fascia di persone identificabili attraverso gli strumenti del loro lavoro.
“Ahmet Güneştekin, (tu visitatore della mostra, tu lettore, tu, più in generale, uomo) in quel dato momento tu cosa hai fatto?” Forse hai semplicemente ricordato. Forse hai trasformato un odore in colore, un dolore in forma, un ricordo in arte. O forse hai modificato il tuo modo di leggere la realtà. Nel ‘picco della memoria’, tra le sale della GNAM, l’odore della povertà e il bagliore della reminiscenza si fondono in un’unica, potente esperienza estetica e umana. Non ti assolve l’arte dalle tue omissioni, ma contribuisce ad alleggerire la tua coscienza o, almeno, a renderti consapevole.