La religiosità?
Qualcosa di essenzialmente dinamico, che mette al centro non l’individuo religioso, ma «la storia delle relazioni fra gli uomini e con le cose».
L’amicizia?
Una riapertura della visione negativa dell’esistenza per tornare al cuore dell’uomo.
La teologia della liberazione?
«Era il sillabario della fede per i contadini dell’America Latina che veniva ad essere il centro vitale del cristianesimo. […] Non si occupava dei dogmi ma scopriva una delle colonne portanti del Regno, la giustizia».
Charles de Foucauld?
Un faro e un interlocutore vivo che aiuta a incarnare la testimonianza di una fratellanza universale, senza barriere né pregiudizi, per amorizzare il mondo.
La Chiesa?
«Per me sono le favelas dell’America Latina dove ogni tipo di sofferenza che cade sull’umanità è presente e la Chiesa in questi luoghi non può essere la maestra infallibile di verità ma deve mostrare quello sguardo materno che si posa tenerissimo su tutte queste miserie che spesso vengono sopportate con molto coraggio».
I giovani?
«Sono una forza se uniti e [con loro] tutte le novità possono essere un terreno che muove il mondo».