Padre nostro che sei ovunque

Illustrazione di Fano

Di una spiritualità parcellizzata, confinata agli ambienti confessionali, appiattita su di un linguaggio tradizionale, incapace, sostanzialmente, di respirare con il mondo e la sua complessità, l’uomo e la donna di oggi non sembrano sentire il bisogno. E, comprensibilmente, se ne allontanano … si veda, solo per citare una prospettiva tra le altre, lo studio del sociologo Luca Diotallevi – “La messa è sbiadita” (ed. Rubettino) –, secondo il quale, sulla base dei dati Istat, in Italia la partecipazione della popolazione adulta alla Messa è passata dal 37,3% nel 1993 al 23,7% nel 2019, in un calo progressivo che la pandemia ha ulteriormente contribuito ad accelerare.

Si cerca sempre più altrove, rispetto agli ambienti ecclesiali istituzionali, quel nutrimento di senso e visione. Infatti, l’umano continua ad avere bisogno di trovare un senso spirituale al proprio esistere. Tanto più in rapporto a una realtà sfidante, come è quella a noi contemporanea, segnata da un lato da precarietà, violenza, disorientamento, e dall’altro – in un intreccio quasi inscindibile (cf. Mt 13,24-30) – dall’apertura a nuovi orizzonti offerti dall’incontro con le nuove scoperte della scienza, con le relative applicazioni in molti campi della vita quotidiana, e le implicazioni sul piano della riflessione antropologica, filosofica, socio-politica, teologica. Ora, vorremmo osare delineare una brevissima presentazione, non esaustiva, di alcune tracce, per dire che si avverte l’urgenza, come dice lo storico delle religioni Mauro Pesce, di un “nuovo schema mentale”1 e quindi anche di nuova visione spirituale.

In Dio tutto è Dio

un semplice filo d’erba

non è più piccolo dell’infinito2

Vogliamo aprirci a una visione integrale di spiritualità, a partire da un’antropologia teologica che rispetti l’umano in tutta la sua complessità e varietà, e da un rapporto con il divino che integri, accolga, valorizzi, illumini venendone illuminato, tutta la realtà: le “cose di tutti i giorni”, gli eventi della storia, i cambiamenti e le evoluzioni sul piano culturale, sociale, politico. In queste riflessioni mensili, a partire dall’attualità. Terremo allora presenti anche le scienze umane e naturali, in un approccio trans-disciplinare alla riflessione che apra la mente e offra categorie e strumenti di consapevolezza e orientamento, esprimendo, con parresìa, un’opzione privilegiata per i poveri e per tutto ciò che, nella creazione, geme e soffre insieme con l’umano (cf. Rm 8,18-23). Accogliamo la sfida dell’umanizzazione, riportando lo Spirito nella carne, a partire dalla luce del Vangelo che, sincronicamente attuale rispetto ai nostri vissuti, terrà costantemente la barra al centro dato dallo sguardo fisso su Gesù.

Sulla base di quanto detto, cercheremo allora di percorrere tre traiettorie prioritarie:

  • Uscire da un’interpretazione riduttiva di carattere etico del cristianesimo – si veda a questo proposito il recente intervento, lucido e provocatorio, di Pierangelo Sequeri su Avvenire, sul cattolicesimo italiano, riassunto nella frase: «Molta morale, poca comunità, zero cultura» –, per entrare in un’ottica trans-personale, che crei nuovo spazio per un approccio ermeneutico cosmoteandrico (espressione coniata da Raimon Panikkar). Intendendo per ottica trans-personale uno sguardo non-duale sul reale, per il quale nulla di quanto avviene a un altro/a da me mi è estraneo, e tanto meno quanto avviene su questa terra e nell’universo. Cosmoteandrica allora è quella visione che scopre Dio, l’essere umano e il cosmo come inscindibili, nella quotidianità.
  • Mettere la quotidianità con i suoi eventi al centro della nostra attenzione, al fine di accoglierla e leggerla con sguardo “critico”, cioè approfondito, e in questo senso spirituale. Cominciando con il denunciare già una prima evidenza, ovvero che il nostro quotidiano è intaccato da alcuni “mali”, tra cui la perdita del senso del vivere, la confusione, la velocità e il rumore, la molteplicità caotica degli input. Per dire che una forma prioritaria di carità cristiana nel mondo odierno è proprio il dono di una riflessione di senso, in una prospettiva libera e liberante, che dia voce alle domande inconfessabili e alle ricerche, anche le più audaci, di risposte. La spiritualità cristiana può nutrire le nostre anime “anoressiche” e “bulimiche”, condividendo – e dunque “moltiplicando” (cf. Mc 6,34-44) – un cibo il più possibile sostanzioso e allo stesso tempo sobrio e salutare.
  • Proporre una spiritualità integrata, che potremmo chiamare “ecospiritualità”, dove il riferimento all’ecologia richiama quell’ecologia integrale auspicata nella Laudato sì di Papa Francesco, necessariamente esigente anche sul piano della giustizia sociale. E ci sembra che il terreno fertile a partire dal quale avviare questo processo sia una lettura rinnovata della Parola, in una tensione interpretativa capace di dialogare con le nuove correnti di questi anni, come il post-teismo. La chiave post-teista, infatti, apre porte di senso finora nascoste, permettendo una rilettura foriera di “nuovi sensi” spirituali. E se per teismo dobbiamo intendere quella visione classica di un Dio percepito come Altro, lontano, sostanzialmente separato dal creato e dalle sue creature, per post-teismo possiamo invece intendere la presa di coscienza dell’illusorietà di questa separazione e lontananza, alla scoperta di un Dio nel quale esistere – poiché in lui viviamo, ci muoviamo e siamo (At 17,28) – e da cui essere abitati e abitate, in una compenetrazione che non è confusione: unione nella differenza, inscindibile relazione che rispetta le identità personali. Comprendiamo così come la creazione e le creature manifestino Dio in modo “essenziale”, nel senso ontologico del termine.

Il titolo di questa rubrica, Cum tucte le tue creature, lascia intuire il modo in cui ci lasceremo interpellare dal reale, soprattutto lì dove sentiremo il grido degli oppressi, per aiutare Dio – così direbbe Etty Hillesum – ad essere disseppellito nei cuori delle donne e degli uomini di oggi. Cercheremo perciò di offrire orizzonti di senso, avendo il coraggio di lasciar emergere anche il non-senso di tante situazioni: autolesioniste – si pensi alla crisi ecologica –, ipocrite – trasversali a molte realtà di potere –, nichiliste e miopi, di cui è intrisa la nostra quotidianità. Per suggerire, pacatamente ma senza sconti, ri-orientamenti di sguardo, cambiamenti di paradigmi, simbolizzazioni (dal greco symballo: mettere insieme) e provocazioni intese a favorire il risveglio e l’evoluzione delle coscienze, inserite nel processo di Evoluzione universale che la scienza ci svela vieppiù.

E per non rimanere digiuni lungo il mese che ci separa dal prossimo intervento, partiamo da un breve affondo sul tema delle ferite … come quelle mortali inferte dai carburanti e dall’acqua salata a un ragazzo di 17 anni sul fondo di un barcone, per dire che non sono diverse dalle mutilazioni dei bambini a Gaza o dall’assideramento dei sei stranieri clochard morti in Veneto a dicembre dell’anno scorso. E che non sono diverse dalla ferita dell’abisso di indifferenza scavato nelle nostre coscienze da una quotidianità vissuta all’insegna dell’evitamento: evasione dal proprio sé profondo, per non vederne le contraddizioni, evitamento del diverso, per non dovercisi specchiare, fino all’evitamento di Dio, o alla sua strumentalizzazione a fini politici ed economico-egemonici, per non doverne ascoltare la Voce trasgressiva.

Nella consapevolezza che il contatto profondo con Dio è bruciante – non meno del morso dei serpenti nel deserto (cf. Nm 21,4-9) – e ci fa alzare lo sguardo (cf. Gv 3,14) per vedere l’interconnessione con ogni fratello e sorella, senza distinzioni, pregiudizi o razzismi, nella consapevolezza che la vita tua è vita mea. Ma su questo torneremo spesso e presto…

1 M. PESCE, Alla ricerca di un nuovo schema mentale, in Annali di storia dell’esegesi, 40/1 2023, EDB

2 J.T. de MENDONCA, Il papavero e il monaco, ed. Qiqajon, Magnano (BI) 2022.