Politica italiana
La vera sicurezza resta un miraggio
Il Governo ha ottenuto dal Parlamento l’autorizzazione per l’acquisto di nuove armi per le Forze armate, per un valore di molti miliardi, spalmati in un decennio. La lista della spesa è assai lunga e riguarda una quindicina di programmi: 20 aerei M346 per le Frecce tricolori (per un importo di oltre 1,6 miliardi di euro), l’adeguamento della portaerei Trieste per poter imbarcare gli aerei F-35, munizioni per obici, sistemi antidroni marittimi, armi controcarro, missili guidati per artiglieria, obici semoventi, ammodernamento obici Pzh2000, razzi guidati per lancia razzi, radar costieri, carri armati, ecc. La richiesta governativa è stata una pura formalità, visto che ai voti della Maggioranza si sono uniti anche settori del Centro – ad eccezione del Movimento 5 Stelle e di Avs. Non poteva andare diversamente, visto che l’on. Guerini del Partito democratico è stato per anni Ministro della difesa e durante tale incarico non ha lesinato i fondi per i militari. La manovra di bilancio 2025 prevede, adddirittura, un rifinanziamento per circa 35 miliardi di euro fino al 2039 per l’industria militare.
Contrariamente a quanto pensa l’Esecutivo, riempire gli arsenali non ci garantirà maggiore sicurezza, infatti, tutte queste armi supertecnologiche non ci salveranno dai disastri causati dal cambiamento climatico e non ci proteggeranno dalle malattie, in presenza di un Servizio sanitario nazionale allo sbando, per precise scelte politiche e che rappresentano delle vere emergenze nazionali.
Tali investimenti sono coerenti, del resto, con la volontà di aumentare la spesa per la difesa al 2% del Pil, approvata dal Parlamento quasi all’unanimità. Decisione fortemente sollecitata dagli Usa. Tale indirizzo non è mai stato messo in discussione da nessun Governo, di ogni tipo, succedutosi a Palazzo Chigi.
Contestualmente all’esponenziale crescita delle spese per la difesa, si registra la totale irrilevanza dell’Italia e dell’Unione Europea di fronte ai conflitti in Ucraina ed in Medio Oriente. In tali contesti i Paesi occidentali invece di produrre ogni sforzo diplomatico spingono per rafforzarne gli apparati bellici, capaci solo di produrre ulteriori vittime e distruzioni. Addirittura il nuovo Parlamento europeo ha approvato un documento, a larghissima maggioranza, in cui chiede di fornire a Kyiv armi capaci di colpire in profondità la Russia e di sostenere l’Ucraina fino alla vittoria! In questo modo si supera ogni linea rossa e si corre il rischio di procedere senza sosta verso la Terza guerra mondiale.
Assistiamo ad un doppio standard: da un lato sanzioni contro la Russia e nulla contro Israele, nonostante le diverse condanne. Tuttavia risultano vendite di armi italiane anche dopo il 7 ottobre 2023, che potrebbero essere utilizzate per compiere tali crimini. Addirittura non blocchiamo gli aiuti militari a Tel Aviv che spara contro i nostri soldati in Libano! Non c’è miglior pubblicità, del resto, di armi testate in combattimento ed il Governo Meloni vede nel settore militare un settore di punta per le esportazioni “made in Italy”. L’Esecutivo ha individuato un nuovo modello di sviluppo che eroga miliardi a pioggia alle forze armate, mentre al contempo annuncia una nuova austerità, con inevitabili tagli alla spesa sociale.
La sicurezza deriva solo dal ripudio della guerra, come recita la nostra calpestata Costituzione. Incrementare la spesa per le armi farà unicamente crescere le tensioni internazionali. Le controversie internazionali, non si possono risolvere solo con il dialogo.
Come dimostrano tutti i sondaggi il popolo italiano vuole la pace, allora fermiamo le vendite di armi ad Israele, Ucraina e a tutti i Paesi belligeranti, come previsto da diverse leggi, riconosciamo la Palestina come Stato ed aiutiamo l’autodeterminazione della sua popolazione.
Rafforzare l’industria della difesa non è un buon affare, va sfatato un mito, come ricordano Maurizio Simoncelli e Gianni Alioti sulla rivista Iriad News di Archivio Disarmo, secondo molte analisi economiche gli investimenti nel settore producono un incremento occupazionale molto più modesto rispetto ad un equivalente investimento nel comparto civile.